Povero Darwin

Dalla Rassegna stampa

 

Si fa a gara a sottolinearne gli errori, ma è grazie a lui se la natura umana è storia e non mito Forse che sì, forse che no. Dopo Lucy, lo scheletro di Australopitecus Afarensis femmina scoperto in Etiopia nel 1974 e databile a circa tre milioni di anni fa, dopo Ardi, lo scheletro, anch’essó femminile, ritrovato nel 1990 sempre nell’Afar ed etichettato come "Ardipithecus ramidus", dalle caratteristiche umanoidi ma vissuto un milione di anni prima di Lucy, nei pressi di Johannesburg sono stati riportati alla luce due scheletri, uno di donna l’altro di bambino, risalenti a poco meno di due milioni di anni fa. I reperti, classificati come appartenenti a una specie denominata "Australopitecus sediba" (sorgente), presentano tratti primitivi accanto a caratteristiche da "homo". L’antropologo Phillip Tobias ha definito la scoperta "meravigliosa ed eccitante". Evoluzionisti non dogmatici pensano che il "sediba" potrebbe essere l’antenato comune da cui si sarebbero diffusi, a cespuglio, i vari rami dell’evoluzione umana. Però, secondo Simon Underdown, esperto di evoluzione della Oxford Brookes University, il fossile del bambino, per le sue caratteristiche, "potrebbe farci capire molto di più sui nostri antenati, proprio quando si stavano per differenziare dalla scimmia". Infatti, sfidando le ire dei creazionisti, c’è chi suppone che i due scheletri rappresentino l’anello di congiunzione tra i primati e l’uomo: "Se i due scheletri si riveleranno per davvero l’anello mancante - commenta un giornale - il professor Berger, lo scopritore, entrerà nella storia da protagonista". Chissà se dobbiamo annoverare il prof. Berger come un darwinista classico o un neodarwinista.
Il problema comunque si pone, e sul piano squisitamente scientifico, sottraendosi alle futilità ideologiche. Che in questo campo non mancano, Si è accesa infatti, e non solo in Italia, una nuova puntata della infinita saga messa in scena dagli antidarwinisti per screditare o ridimensionare il padre dell’evoluzionismo. La saga si è riaperta, credo, a seguito dell’annuncio dell’uscita di un libro - "Gli errori di Darwin" - scritto da Jerry Fodor, docente di Philosophy and cognitive sciences alla Rutgers University, e Massimo Piattelli Palmarini, docente di Cognitive sciences alla Università dell’Arizona. Alcuni entusiasti recensori italiani tengono a specificare che il Fodor non è un creazionista ma anzi, oltre a essere un "figlio dell’ebraismo assimilato newyorchese", è anche "ateo, ateissimo": un po’ come il prof, Boris Yellnikoff, il protagonista del film di Woody Allen "Basta che funzioni". Uno di questi recensori ci dice che Fodor e Palmarini dimostrano senz’altro come l’evoluzionismo darwiniano (difeso in blocco dai neodarwinisti) "è minato dall’interno da nozioni che, per funzionare, presuppongono ciò che pretendono di spiegare" e che insomma "non è l’ambiente a guidare il mutamento", ma "i vincoli interni di altro tipo, tra cui il funzionamento dei ‘geni maestri’, le leggi fisico-chimiche della forma e dell’auto-organizzazione". Si tratta da una tesi che "se confermata" "rischia di abbattere l’intera dottrina darwininiana". E meno male che il prudente recensore si protegge con quell’inciso, "se confermata", che bilancia, con il suo onesto dubbio, quelli che sembra appesantiscano le tesi di Darwin e accoliti.
E’ come prendersela con Petrarca. Senza immischiarmi in ardui problemi di scienza, io mi fido e confido nel prof Luigi Luca Cavalli Sforza, il genetista che difende con limpida asciuttezza l’importanza della teoria della selezione naturale, classicamente esposta da Darwin - avverte lo scienziato - raccogliendo le intuizioni di Lamarck, che a loro volta rafforzavano e indirizzavano le prime "timide" intuizioni dell’Illuminisno e i coraggiosi sviluppi introdotti dalla Rivoluzione francese. Fino al momento in cui scrivo nessun intervento è arrivato a confutare il sobrio articolo di Luigi Luca Cavalli Sforza. Sono pronto a scommettere che accadrà presto. Perché è evidente, come emerge dai loro ruvidi scritti, che le tesi degli antidarwinisti (forse non quelle di Fodor e Piattelli Palmarini, che comunque controllerò) sono di
carattere religioso e fideistico. esattamente come lo sono quelle dei darvinisti incalliti o dei neodarwinisti alla Dawkins, per intenderci. A mio avviso hanno poco senso, anzi sono del tutto incomprensibili: sarebbe come se qualcuno volesse aprire una polemica e scagliarsi contro Petrarca, denunciandolo come responsabile del petrarchismo che con i suoi sonetti influenzò e impestò l’Europa intera per secoli.
Povero Darwin. Sono pochi quelli che, come che vada alla sua dottrina, gli riconoscono l’immenso merito di aver scoperto, e sostenuto con strumenti alla sua epoca ineccepibili, la storicità della natura umana, sottraendola al mito aristotelico-fideistico della immutabilità e divina eternità. Grazie a Darwin, l’uomo è più a rischio, più fragile, ma forse più consapevole di sé, più umano.

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