Il Potere secondo Ferrara

Dalla Rassegna stampa

«Il problema non è nelle quattro fesserie che si sono detti al telefono gli attori dell'ultimo teatrino detto della P4. Il problema è che la politica è così debole e divisa da non riuscire a impedire lo scandalo infinito delle retate telefoniche». Sono vent'anni che Giuliano Ferrara scrive in ottimo italiano lo stesso articolo (le righe succitate sono apparse domenica sul Giornale). Vent'anni - in realtà molti di più, considerando il periodo comunista - che questo prete spretato del Potere, allergico alla spiritualità quanto affascinato dal carisma sgangherato dei leader, sostiene che lo scandalo non sono i maneggioni, ma il racconto dei loro maneggi. La politica non deve essere onesta. Deve essere forte. È solo quando perde forza che diventa pericolosa. Non quando fornisce cattivi esempi a una società che le fa la morale, ma fa di tutto per assomigliarle. La politica non sbaglia a essere turpe. Sbaglia quando consente ad altri di giudicare la propria turpitudine. I potenti rubano, trafficano, vanno a supermignotte. È nella loro natura di predatori. Sarebbe meglio se lo facessero con più stile. Ma tant'è. L'importante è che suppliscano al disprezzo per le regole con l'energia vitale. Ai barbari non si chiede di rispettare le convenzioni, ma di fondare imperi.

Fine del «bignamino» di Ferrara, almeno nell'interpretazione di un pericoloso seguace del partito d'Azione. A cui però hanno insegnato che la politica può essere anche altro. Tensione morale, slancio di giustizia. Poiché agisce nel mondo, spesso ha le mani impolverate. Ma allora se le sciacqua, invece di incolpare il sapone.

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