Il porcellum, il mattarellum... Ma i programmi?

La discussione sulla qualità della cornice (la legge elettorale) appare ben più degna del brutto quadro politico dipinto in questo strambo agosto 2010. Altro che insulti, manovrette o dossier. Il Corriere della Sera ha pubblicato un appello a favore del sistema uninominale maggioritario per difendere il bipolarismo a tendenza bipartitica e insieme per correggere i guasti che derivano dalle liste bloccate così come previsto dalla legge elettorale oggi in vigore (il famoso "Porcellum" del 2006, sistema proporzionale con premio di maggioranza e con sbarramento).
Il dibattito, come si dice, vola alto. In qualche modo si prova a resuscitare - lo ha chiarito il politologo Angelo Panebianco - il movimento che a partire da Marco Pannella già negli anni 80 e da Mario Segni portò al referendum del 1993 e alla chiusura di una stagione politica. I partiti discutono animatamente nel merito dei possibili modelli. Doppio turno alla francese o sistema tedesco proporzionale con forte sbarramento? Ritorno al "Mattarellum" (sistema usato per le elezioni del 1994 e del 200l) o conferma del Porcellum così come prospettato dall'attuale maggioranza? Una cornice magari nuova ma per metterci dentro chi e che cosa? Sul "chi" l'ex presidente del Consiglio e attuale presidente del Copasir Massimo D'Alema l'ha detto chiaro e tondo a Repubblica: ok al sistema tedesco con il quale «noi potremmo convogliare un campo vasto di forze, dall'Udc alla Lega, e creare un assetto tendenzialmente bipolare, anche se non bipartitico, con un centro forte che si allea alla sinistra», compresa una possibile clausola antiribaltone e pro-stabilità di governo.
La nuova prospettiva ben si adatterebbe mento cardine all'altrettanto nuovo del governo schema programmatico proposto dal segretario del Pd Pierluigi Bersani. Che per battere Berlusconi e il berlusconismo ha lanciato l'idea di un nuovo Ulivo versione Prodi a sua volta perno di una più vasta Alleanza democratica, vera alternativa di sistema. Ed eccoci arrivati al "che cosa" mettere dentro la nuova cornice elettorale. Qui i problemi si fanno subito seri. Perché, nonostante il leader del Pd Bersani si sforzi di precisare che il nuovo Ulivo non significa il ritorno all'Unione (che vinse di un soffio nel 2006, entrò una prima volta in crisi nel febbraio 2007 e naufragò definitivamente nel 2008), resta forte l'impressione che si lavori, più che sui contenuti della proposta politica, sullo schieramento più ampio possibile per battere Berlusconi.
Costi quel che costi in termini di chiarezza e fattibilità del programma alternativo. Si dirà: il programma viene dopo e si raggiungeranno poi i necessari accordi. Nel frattempo, a parte generiche e condivise dichiarazioni di principio, c'è poco. E mancano (inevitabile) scelte forti, facilmente identificabili dal grande pubblico alla "alternativa". Più o meno "modello Marchionne"? Quante e quali tasse in meno? Si punta a sostenere il manifatturiero osi spinge di più sulla domanda interna per rilanciare i consumi? Ha detto qualche giorno fa l'ex presidente del Senato Franco Marini: il programma dovrà essere di 10 cartelle e non di 208 come nel 2006. Avvertenza saggia, perché l'alternativa rischia una volta di più di trasformarsi in un quadro sfuocato a tinte deboli. Dove tutti ci stanno dentro, ma ciascuno con un piede fuori.
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