«Via il Porcellum», ma poi non firma

Dalla Rassegna stampa

Dopo quello di Pontida, un altro «pratone» entra nell'olimpo dei luoghi simbolo della politica. È quello di Vittorio Lodi, storico animatore della Festa tricolore di Mirabello e proprietario di un'azienda agricola che si perde nella Padania ferrarese. Quest'anno la festa si fa a casa sua, sui suoi terreni. Un appezzamento a parcheggio, un altro per gli stand gastronomici, il palco e le sedie. Addio alla piazza del mercato, oggetto di contesa con quelli del Pdl che a luglio vi hanno organizzato la «loro» Mirabello.

Sui prati finiani non accorrono le folle che un anno fa si erano accalcate per salutare la scissione del Fli. Non c'è la tensione del 2010, le polemiche sulla casa di Montecarlo, lo strappo da Berlusconi, il dubbio se Fini avrebbe fatto un partito suo, o no.

Gli applausi sono stiracchiati, il leader scalda la sua gente soltanto quando parla di soldi, della manovra. Un anno fa si faceva a gara a salire sul palco per esibire l'orgoglio antiberlusconiano: oggi mancano molti dei protagonisti di quella pagina. «Meglio così», dice Roberto Menia, uno dei pochi a prendere la parola prima di Fini assieme a Enzo Raisi e Italo Bocchino.

In cucina manca mamma Lodi, approdata nel paradiso delle massaie. Negli stand non mancano i colonnelli finiani assieme ai loro tormenti: sul Futurista una problematica FlaviaPerina si interroga su tutti i problemi emersi nel primo anno di vita di Futuro e Libertà. Sullo stesso foglio di partito, peraltro privo di ogni slancio marinettiano, si inneggia alla presenza a Mirabello di Marco Travaglio e si critica quella del deputato Pdl Paniz. «Meno male che Marco c'è»: il titolo dell'articolo fa il verso ai comizi di Berlusconi e suggella una spaccatura dal Pdl ormai metabolizzata.

Al termine del comizio, Fini gira tra gli stand, ma senza firmare il referendum (abrogativo di una legge elettorale che lui stesso aveva votato) per il quale poco prima aveva invitato a mobilitarsi: «Firmiamo contro il Porcellum». Un diniego che fa il paio con la resistenza alle dimissioni da Montecitorio. È la fotografia del Fli, un partito in cerca di autore, come conferma la colonna sonora sparata dal palco in attesa del leader.

Gli U2. Prima In the name of love, cioè nel nome dell'amore, un brano che ci si sarebbe aspettato nelle convention del «partito dell'amore». E poi I still haven't found what I'm looking for: non ho ancora trovato ciò che sto cercando. Nemmeno Fini e i suoi.

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