Pontieri, scuderi, neo-nemici. Il Pdl va alla sfida decisiva

Siamo arrivati a giovedì. Il Pdl è arrivato a questo giovedì. Gianfranco Fini ha contato i suoi e non è stata una conta facile. Sono stati otto giorni lunghi e faticosi. Restano molte immagini eloquenti, e molte minacce, molte amicizie spezzate, e poi dosi sparse di rancori, ritorsioni, promesse, giuramenti, nuove passioni per il Cavaliere.
Nella prima scena - appunto giovedì scorso, sulla piazza di Montecitorio, ed eravamo al tramonto - c’è Italo Bocchino che dopo aver parlato con il capo (Fini), scende con l’aria ironica di uno che si sente molto forte. «Quanti sono quelli che stanno con Gianfranco? Oh... pochi, pochissimi... siamo solo io e lui...». Un po’ sprezzante, ma a osservarne bene lo sguardo - forse - preoccupato. Il battaglione dei deputati e senatori di An, tranne alcune eccezioni, è parso infatti da subito guardingo, dubbioso. Contarci, era la domanda, ma perché? Per fare un gruppo autonomo? O, addirittura, per andarcene? Fini riunito, molte volte al giorno, e per giorni, con quelli più fedeli. Ci sono scudieri nuovi: come i siciliani Carmelo Briguglio e l’effervescente e furbo Fabio Granata, un cinquantenne cresciuto sul filo di uno strano rasoio politico (prima il Fronte della Gioventù, poi un invaghimento per la Rete di Leoluca Orlando, quindi un lun,o rapporto con la componente rautiana del Msi). E ci sono scudieri sperimentati: oltre a Bocchino (memorabile, peraltro, la lite con Roberto Menia), Adolfo Urso e Flavia Perina, incisivo direttore del Secolo d’Italia.
Pontiere attendibile, appare, da subito - considerati i suoi rapporti con Fini, di cui è stato a lungo portavoce - il ministro Andrea Ronchi. Un pomeriggio lo sorprendono in un angolo del Transatlantico, mentre parla con Fabrizio Cicchitto, ex socialista e da tempo un forzista d’acciaio. «Mi devi spiegare cosa vuole Fini - chiede Cicchitto - perché guarda che qui, davvero, nessuno l’ha capito». Ronchi nervoso, ma lucido. «Senti, se non l’hai capito... toh, guarda, te lo chiamo sul cellulare e te lo faccio spiegare proprio da lui, da Gianfranco...».
Ecco, ciò che davvero ha sorpreso è che Fini, in uno dei momenti più delicati della sua vicenda politica, si sia ritrovato circondato da una nuova generazione di fedelissimi (solo le telefonate affettuose e sagge dell’anziano Donato Lamorte, in alcuni frangenti, lo hanno fatto tornare con nostalgia al passato). Nuovi fedelissimi tutti impegnati a trovare 36 deputati e 14 senatori ex An disposti a firmare un documento di sostegno all’ex grande capo. «Non c’è dubbio che cinquanta firme - riflette Fabrizio Cicchitto - siano una tangibile dimostrazione di stima nei confronti di Fini...». Detto questo? «Occorre monitorare la scena... eventuali scelte successive, infatti, potrebbero anche essere sorprendenti...». Cicchitto non dice esplicitamente ciò che nel Pdl viene definita «scena a soffietto». Così spiegata: sono in 50 quelli disposti a dare fiducia alle istanze di Fini. Ma diminuiranno se Fini deciderà di dar vita ad un gruppo autonomo. E scenderanno ancora (si ipotizza un numero tra i 20 e i 25 parlamentari) se Fini imboccherà la strada della scissione.
Flavia Perina non appare preoccupata. «I numeri che abbiamo sono reali. E dico di più: non abbiamo neppure voluto considerare qualche gruppetto di ex forzisti che pure qualche disagio, nei confronti di Berlusconi, ci racconta di provarlo». Tra questi, probabilmente, Beppe Pisanu, che giusto ieri l’altro, ripeteva: «Le posizioni di Fini paiono interessanti...».
Ogni giorno, un mucchio di notizie, di retroscena. Per dire: Gianni Alemanno prima va a parlare con Fini, vestendo i panni del pontiere, del mediatore, e poi - senza preavviso - insieme agli altri ex colonnelli della brigata si mette a raccogliere le firme dei 75 ex di An che giurano fedeltà al Pdl, quindi a Berlusconi. Gli ex colonnelli: come Altero Matteoli e Ignazio La Russa (ammette il finiano Adolfo Urso: «Fino all’ultimo ho sperato che Ignazio, guardandoci negli occhi, avrebbe ceduto ai sentimenti. E invece no, e mi spiace, mi spiace un sacco»). Però firma anche Giorgia Meloni, giovane ministro della Gioventù (dicono convinta dai rampelliani, che sono lo squadrone romano di Gasparri). La deputata Angela Napoli, finiana esperta di criminalità, racconta: «E’ stata una conta dolorosa. Voglio dire che separarmi, sia pure per ora solo su un documento, da colleghi valorosi come il senatore Berselli o il deputato Contento, beh, è stata dura». Mentre separarsi da altri... «Meno faticoso, sì. Specie da quelli che, chiusa l’esperienza di An, hanno solo badato al potere e alle poltrone».
Sul sito del Secolo d’Italia (ventimila contatti in 48 ore, un record) arrivano email durissime contro i 75 che si dichiarano leali al Pdl. «Traditori». «Badogliani». «Infami». Generazione Italia di Italo Bocchino raccoglie un centinaio di adesioni alla petizione «lo sto con Fini». Otto giorni così. Oggi vedremo a cosa sono serviti.
Nella prima scena - appunto giovedì scorso, sulla piazza di Montecitorio, ed eravamo al tramonto - c’è Italo Bocchino che dopo aver parlato con il capo (Fini), scende con l’aria ironica di uno che si sente molto forte. «Quanti sono quelli che stanno con Gianfranco? Oh... pochi, pochissimi... siamo solo io e lui...». Un po’ sprezzante, ma a osservarne bene lo sguardo - forse - preoccupato. Il battaglione dei deputati e senatori di An, tranne alcune eccezioni, è parso infatti da subito guardingo, dubbioso. Contarci, era la domanda, ma perché? Per fare un gruppo autonomo? O, addirittura, per andarcene? Fini riunito, molte volte al giorno, e per giorni, con quelli più fedeli. Ci sono scudieri nuovi: come i siciliani Carmelo Briguglio e l’effervescente e furbo Fabio Granata, un cinquantenne cresciuto sul filo di uno strano rasoio politico (prima il Fronte della Gioventù, poi un invaghimento per la Rete di Leoluca Orlando, quindi un lun,o rapporto con la componente rautiana del Msi). E ci sono scudieri sperimentati: oltre a Bocchino (memorabile, peraltro, la lite con Roberto Menia), Adolfo Urso e Flavia Perina, incisivo direttore del Secolo d’Italia.
Pontiere attendibile, appare, da subito - considerati i suoi rapporti con Fini, di cui è stato a lungo portavoce - il ministro Andrea Ronchi. Un pomeriggio lo sorprendono in un angolo del Transatlantico, mentre parla con Fabrizio Cicchitto, ex socialista e da tempo un forzista d’acciaio. «Mi devi spiegare cosa vuole Fini - chiede Cicchitto - perché guarda che qui, davvero, nessuno l’ha capito». Ronchi nervoso, ma lucido. «Senti, se non l’hai capito... toh, guarda, te lo chiamo sul cellulare e te lo faccio spiegare proprio da lui, da Gianfranco...».
Ecco, ciò che davvero ha sorpreso è che Fini, in uno dei momenti più delicati della sua vicenda politica, si sia ritrovato circondato da una nuova generazione di fedelissimi (solo le telefonate affettuose e sagge dell’anziano Donato Lamorte, in alcuni frangenti, lo hanno fatto tornare con nostalgia al passato). Nuovi fedelissimi tutti impegnati a trovare 36 deputati e 14 senatori ex An disposti a firmare un documento di sostegno all’ex grande capo. «Non c’è dubbio che cinquanta firme - riflette Fabrizio Cicchitto - siano una tangibile dimostrazione di stima nei confronti di Fini...». Detto questo? «Occorre monitorare la scena... eventuali scelte successive, infatti, potrebbero anche essere sorprendenti...». Cicchitto non dice esplicitamente ciò che nel Pdl viene definita «scena a soffietto». Così spiegata: sono in 50 quelli disposti a dare fiducia alle istanze di Fini. Ma diminuiranno se Fini deciderà di dar vita ad un gruppo autonomo. E scenderanno ancora (si ipotizza un numero tra i 20 e i 25 parlamentari) se Fini imboccherà la strada della scissione.
Flavia Perina non appare preoccupata. «I numeri che abbiamo sono reali. E dico di più: non abbiamo neppure voluto considerare qualche gruppetto di ex forzisti che pure qualche disagio, nei confronti di Berlusconi, ci racconta di provarlo». Tra questi, probabilmente, Beppe Pisanu, che giusto ieri l’altro, ripeteva: «Le posizioni di Fini paiono interessanti...».
Ogni giorno, un mucchio di notizie, di retroscena. Per dire: Gianni Alemanno prima va a parlare con Fini, vestendo i panni del pontiere, del mediatore, e poi - senza preavviso - insieme agli altri ex colonnelli della brigata si mette a raccogliere le firme dei 75 ex di An che giurano fedeltà al Pdl, quindi a Berlusconi. Gli ex colonnelli: come Altero Matteoli e Ignazio La Russa (ammette il finiano Adolfo Urso: «Fino all’ultimo ho sperato che Ignazio, guardandoci negli occhi, avrebbe ceduto ai sentimenti. E invece no, e mi spiace, mi spiace un sacco»). Però firma anche Giorgia Meloni, giovane ministro della Gioventù (dicono convinta dai rampelliani, che sono lo squadrone romano di Gasparri). La deputata Angela Napoli, finiana esperta di criminalità, racconta: «E’ stata una conta dolorosa. Voglio dire che separarmi, sia pure per ora solo su un documento, da colleghi valorosi come il senatore Berselli o il deputato Contento, beh, è stata dura». Mentre separarsi da altri... «Meno faticoso, sì. Specie da quelli che, chiusa l’esperienza di An, hanno solo badato al potere e alle poltrone».
Sul sito del Secolo d’Italia (ventimila contatti in 48 ore, un record) arrivano email durissime contro i 75 che si dichiarano leali al Pdl. «Traditori». «Badogliani». «Infami». Generazione Italia di Italo Bocchino raccoglie un centinaio di adesioni alla petizione «lo sto con Fini». Otto giorni così. Oggi vedremo a cosa sono serviti.
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