Polverini: l’immoralità c’era anche prima di me

Le prime dichiarazioni l’ex governatrice del Lazio Renata Polverini ieri le ha fatte attraverso i manifesti che sono stati affissi per le strade di Roma: «Ora facciamo pulizia» si legge sotto l’immagine che la ritrae vergata anche dalla sua firma. «Questa gente la mando a casa io» ha ribadito la presidente dimissionaria. Durante la conferenza stampa di due sere fa aveva assicurato che lei, «a testa alta», continuerà a far politica. I poster affissi confermerebbero questa volontà ma nel corso di alcune interviste televisive la scena è cambiata. Almeno dal punto di vista della competizione regionale.«Non mi ricandido. Considero la mia esperienza conclusa nel Lazio, un’esperienza positiva, ma anche devastante. Quest’estate ho fatto molti dolci in casa, per ora mi rimetto a fare quelli a casa». La Polverini ha amaramente posto l’attenzione sul fatto che «è la prima volta che una giunta se ne va pagando le colpe gravissime di altri» aggiungendo che i suoi collaboratori «non hanno alcun problema» e passando la “patata bollente” «al presidente del consiglio regionale» al quale spetta di «vigilare». Comunque, «sono stati due anni e mezzo per alcuni versi straordinari, per altri difficilissimi».
Il problema della selezione della classe dirigente, inoltre, per l’ex governatrice non è «solo del Pdl, ma della politica in generale: le agenzie e giornali continuano a titolare fondi Pdl perché il caso nasce qui, ma mi sembra di capire che c’è un problema che investe un sistema e la legge elettorale, che non è stata cambiata, non stimola i partiti a far crescere una classe dirigente in grado di raccogliere un consenso personale». Rispetto ai fondi ai gruppi politici del consiglio regionale, poi, Polverini ha spiegato: «Noi deliberavamo, e così abbiamo fatto, 35 milioni di euro per le spese di funzionamento del consiglio, che poi nella sua discrezionalità e autonomia, li assegnava a ciò che riteneva più giusto e nel caso specifico al funzionamento dei gruppi». Per rendere meglio l’idea della sua “estraneità”, infatti, ha spiegato che sarebbe come imputare «al presidente Monti il caso Lusi». Polverini ha detto di non aver avuto «sentore di come venivano utilizzati i soldi, ma è storia che io avessi chiesto più volte al presidente del consiglio regionale di fare una spending review perché, al di là venivano utilizzati e non lo sapevamo, quei fondi erano troppi». Nel ricordare i momenti in cui ha deciso di rassegnare le dimissioni, Polverini ha spiegato che «Berlusconi l’ho sentito sempre e mi ha sempre incoraggiato. Ma non soltanto ad andare avanti, ma a un certo punto a decidere quello che ritenevo più giusto per i miei comportamenti e per la onorabilità di questa istituzione». In occasione dei suoi interventi nei giorni scorsi, invece, un riferimento ben preciso l’ha fatto al segretario nazionale del Partito democratico: «A Bersani non ho nulla da dire. Il caso Lusi credo che doveva far riflettere anche Bersani, visto che in quel momento era un parlamentare del suo partito e gestiva fondi pubblici». E infine, la notizia del giorno. Quella che ha velatamente accennato nel corso della conferenza stampa di lunedì sera nel corso della quale aveva “minacciato”: «Adesso parlo io». Di comportamenti immorali ai danni della Regione, infatti, ce ne sarebbero sempre stati: «Siamo disponibili a far vedere che ostriche e champagne sono stati degustati anche prima. Lo sanno i consiglieri di opposizione, 13 dei quali erano nella ex giunta».
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