Polverini, altra grana per governo e Pdl

Dalla Rassegna stampa

Se il Piano casa della Regione Lazio con la sua folle deregulation era diventato un problema perfino per il governo, che si è visto costretto dai ministri Giancarlo Galan e Stefania Prestigiacomo a impugnarlo davanti alla Corte costituzionale, ora il grattacapo - tutto interno al Pdl - diventa la stessa Renata Polverini. Dopo che il Cdm ha bocciato tre punti del suo piano, per questioni di merito e di metodo sollevate soprattutto dal ministro dei Beni culturali, la governatrice è andata su tutte le furie: «Andremo avanti e ci difenderemo davanti alla Corte costituzionale», ha detto accusando il governo di «atteggiamento ostile contro il Lazio» e appellandosi alla mediazione di Angelino Alfano che incontrerà oggi stesso.

Non vuole cedere, Polverini, ma non si dimette, come chiede l'opposizione in coro che ora canta vittoria e per una volta difende strenuamente l'operato del governo. Lo fanno invece in blocco dieci suoi assessori pidiellini che ieri hanno riconsegnato le deleghe lasciando in verità tutti di stucco, visto che la governatrice, come denuncia l'intera opposizione, «non le ha mai assegnate ai legittimi titolari, salvo quella al Bilancio per Stefano Cetica». Non solo: dopo le dimissioni della giunta, anche la seduta di oggi del consiglio regionale «è stata annullata - denuncia il capogruppo di Sel, Luigi Nieri - senza alcun preavviso ai gruppi consiliari e senza ragioni valide».

Insomma, se non è guerra, è almeno un braccio di ferro, quello instaurato col governo da Renata Polverini, ex sindacalista Ugl, da sempre impegnata nel ruolo di outsider all'interno del centrodestra, e recentemente entrata nel Pdl con l'ambizione di creare una propria corrente. Solo poche settimane fa aveva potuto iscrivere alla sua lista «Città nuove» il primo deputato, Antonio Bonfiglio, appositamente fuoriuscito da Fli, e che ha fatto mancare il suo voto all'ultima fiducia chiesta dal governo. La governatrice aveva puntato molto su quell'attuazione del piano casa di Berlusconi affidato al vice presidente della Regione, l'Udc Luciano Ciocchetti. Un piano che suggella l'alleanza realizzata a livello locale con i centristi e dunque la coalizione che ha dato vita a una maggioranza di governo «ben diversa da quella che vive in parlamento», come sottolinea il consigliere regionale Radicale Rocco Berardo. Il piano, però, che prevede deroghe alle leggi di tutela delle zone archeologiche e ai divieti del piano paesaggistico, contemplando la realizzazione di ben sei porti sulle coste laziali e perfino una pista da sci sul monte Terminillo, oltre ad aver oltrepassato le competenze regionali, deve aver superato in deregulation berlusconiana perfino lo stesso governo Berlusconi. Lo notano gli stessi assessori che non se ne capacitano: «Riteniamo incomprensibile - scrivono in una lettera consegnata a Polverini - una scelta che mette in discussione uno dei punti qualificanti del programma elettorale del Popolo della libertà sia a livello locale che nazionale, come più volte ribadito dallo stesso presidente Berlusconi». E non hanno tutti i torti.

Per la ministra Prestigiacomo, che ieri ha mostrato aperture invitando la presidente a ritoccare il suo piano, alcune misure come il "silenzio/assenso" sulle pratiche di condono degli abusi edilizi da applicare anche nei parchi e nelle aree archeologiche, sarebbero state una «sanatoria implicita». Per Polverini invece chi ha tradito è Berlusconi: «Il presidente - ha ricordato ieri dal palco di San Giovanni - ci ha fatto fare il giuramento sul piano casa. Evidentemente in Cdm non ha saputo difendere questo strumento».

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