La politica dimentica l’economia

Dalla Rassegna stampa
 
 Quest`anno la pausa  di Ferragosto non è  stata caratterizzata,  come tradizione,  dal silenzio della politica.  Rivelazioni e smentite,  accuse e controaccuse, zuffe  verbali dal linguaggio sempre  più truculento hanno turbato  il tradizionale rip oso estivo degli  italiani, molti dei quali hanno  ridotto le vacanze, quando  non vi hanno rinunciato del  tutto, grazie alla crisi. Ed è  proprio la crisi, con timori che  genera per redditi e livelli di vita  di milioni di persone, la  grande assente in un dibattito  - se così si vuol chiamare  un`accozzaglia di dichiarazioni  e battute in cui tutti gli intervenuti  sembrano ascoltare soltanto  se stessi - che ha la caratteristica  di rimanere totalmente  interno alla classe politica.  Chi si sobbarca la fatica di  seguirlo ne ricava l`impressione  che l`Italia si trovi in una  sorta di vuoto pneumatico invece  che immersa in un contesto  mondiale in ebollizione in  cui fa un po` di fatica a rimanere  a galla; e che la classe politica  italiana, in quello che sembra  un misto di arroganza e di  ignoranza, pensa che il fare e  disfare governi e legislature  non abbia conseguenze sulla  posizione economica internazionale  del Paese.  osì come il baloccarsi disinvolto  con la prospettiva di nuove  elezioni.  Le cose invece non stanno  così. L`economia globale è in  rapidissimo cambiamento, come dimostra  il «sorpasso» del Giappone da parte  della Cina, annunciato ieri. Uno sguardo  a questi mutamenti vorticosi è sufficiente  a mostrare la pericolosità economica  di un`eventuale fine anticipata della legislatura  nel corso dell`autunno, con elezioni  collocate in una data insolita, o anche  solo la mancanza di un governo stabile  e credibile sul piano della finanza internazionale.  L`instabilità o il vuoto politico potrebbero infatti avere rilevanti ripercussioni  negative sulla gestione del debito pubblico  italiano. Va ricordato che l`Italia è stata  per decenni uno dei maggiori «produttori»  di debito pubblico, ossia di titoli sovrani  acquistabili sui mercati finanziari  ma che, con il generale peggioramento  dei bilanci pubblici delle economie avanzate,  su questo mercato mondiale del debito  l`Italia deve competere molto più duramente  di prima con molti Paesi, quali  Germania, Francia e Gran Bretagna che  devono «piazzare» i propri titoli per avere  le risorse necessarie a quadrare i propri  bilanci.  Il debito pubblico italiano è complessivamente  gestito bene, senza addensamenti  eccessivi di scadenze, il che limita  la possibilità di ;brandi ondate speculative,  del tipo di quelle che hanno colpito la  Grecia e, in misura minore, il Portogallo.  E finora l`Italia ha rigorosamente rispettato  gli obblighi di disciplina di bilancio tra  i quali il varo della recente manovra che  si era assunta in sede europea. Alcune  aste importanti negli ultimi mesi, specialmente  quelle di giugno, sono state superate  in maniera molto soddisfacente;  tra la fine delle ferie e la fine dell`anno,  però, vengono a scadere circa 100-120  miliardi di debito, concentrati soprattutto  a settembre e a novembre e dovranno  essere rifinanziati, ossia sostituiti con titoli  nuovi.  Chi li acquisterà? Una parte rilevante  - si può stimare un po` più della metà - sarà  sottoscritta da risparmiatori italiani,  tradizionalmente attratti da questo prodotto  «di casa» (l`impiego di risparmio in  debito pubblico è uno dei più importanti  comportamenti unificanti dell`Italia di oggi).  Il resto dovrà trovare compratori all`estero  nelle condizioni concorrenziali e  difficili di cui si diceva sopra. Quando devono  decidere se -e a che prezzo - acquistare  titoli di uno Stato sovrano, i grandi  operatori finanziari, tra i quali figurano  molte banche centrali, come quella cinese,  esaminano a tutto campo la situazione  del Paese debitore e in questo esame  la stabilità politica e la volontà di rispettare  i propri debiti hanno uno spazio molto  importante.  Quale sarà la reazione del banchiere  cinese, del finanziere americano, dell`analista  finanziario che lavora per  qualche grande banca internazionale di  fronte alle «sparate» dei politici di questi  giorni? Gli esperti internazionali che  si occupano dell`Italia sono in gran parte  abituati alle iperboli, al sarcasmo, alle  pesanti ironie, alle punte di volgarità del  dibattito politico italiano. La possibilità  che tutto questo si possa riflettere sul  piano istituzionale senza alcun riguardo  per la posizione finanziaria del Paese  non potrà però non preoccuparli. E potrebbe  indurli a chiedere un «premio»,   ossia un tasso di interesse sensibilmente  maggiore di quello applicato ad altri  Paesi che si tradurrebbe, come minimo,  in qualche migliaio di miliardi in più di  spesa per lo Stato italiano, da recuperare  poi con nuova austerità e, nella peggiore  delle ipotesi, in una più generale  «bocciatura finanziaria» dell`Italia.  Ai politici che in questi giorni così abbondantemente  si esprimono deve quindi  essere consentito di rivolgere una sommessa  preghiera: tengano presente che  quando parlano non hanno di fronte solo  il pubblico, spesso non troppo numeroso,  dei loro sostenitori politici, o i giornalisti  desiderosi di riempire spazi che le festività  rendono vuoti. Ad ascoltarli, a pesare  le loro parole più di quanto essi stessi si  rendano conto, c`è tutta la finanza mondiale.  Che deciderà se sottoscrivere i nostri  titoli di debito anche sulla base delle  loro parole e dei loro programmi.

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