Politica all'amerikana con i soldi dei contribuenti

Che gli italiani siano sempre più lontani dalla politica è ormai assodato. Un dato che viene parzialmente smentito dai numeri relativi all'affluenza in occasione delle elezioni per il rinnovo di Camera e Senato; quando si reca alle urne una quantità di elettori che supera l'80 per cento degli aventi diritto. Un evento di massa sicuramente influenzato da quanto viene trasmesso dalle televisioni. Il cittadino decide di votare perché per circa sessanta giorni viene bombardato da messaggi che lo incitano ad entrare nella cabina elettorale. Un riflesso pavloviano che non si riscontra in occasione di elezioni europee e tornate referendarie; appuntamenti tradizionalmente snobbati dalla politica mainstream. Qualcuno ha pensato di cambiare rotta potenziando l'attività delle fondazioni che orbitano intorno ai partiti politici. Enti che, almeno ufficialmente, sono impegnati in attività culturali e di ricerca. Il più delle volte però tirano acqua al mulino del proprio fondatore. Nell'era dei “partiti di plastica” e delle mozioni congressuali approvate per acclamazione la fondazione è un'utile veste giuridica per strutturare la propria corrente interna ad un partito. Se ne contano a decine, non ci sono solo la ItalianiEuropei di Massimo D'Alema o i Circoli Nuova Italia di Gianni Alemanno. Ormai anche i peones di Montecitorio hanno la propria “fondazione personale”. Una organizzazione che, data la sua struttura molecolare, è difficile che possa perseguire fini che collidono con gli interessi dell'Onorevole promotore. Un particolarismo che non ha scoraggiato Ugo Sposetti, lo storico tesoriere dei Democratici di sinistra. Il deputato del Pd ha preso carta e penna ed ha vergato una proposta di legge che, qualora approvata, permetterà a tutte le fondazioni di accedere ad un finanziamento pubblico ad hoc. Denari che andrebbero ad aggiungersi a quelli elargiti dalla Camera dei Deputati a titolo di rimborso delle spese sostenute durante le campagne elettorali. Un'idea che ha incontrato un consenso quasi plebiscitario. Un'adesione ampiamente prevedibile. Scorrendo i nomi dei cofirmatari ci si accorge che in tanti sono convinti che questa possa essere la giusta ricetta per riavvicinare gli italiani al mondo della politica. C'è la vicina di scranno di D'Alema Maria Anna Madia, il piddino Francesco Boccia, gli altoatesini Karl Zeller e Siegfried Brugger, il responsabile Vincenzo D'Anna, il centrista Savino Pezzotta e l'esponente del Pdl Paolo Vella. Un elenco sommario che non comprende gli oltre quaranta proponenti. Leggendo la proposta si comprende come a destare preoccupazione non siano solo i nuovi contributi pubblici. L'ex custode del forziere della Quercia intende infatti stabilire una volta per tutte cosa si debba intendere per partito politico. Una norma che spazzerebbe via in un solo colpo sessant'anni di astensionismo legislativo in materia. Sposetti punta in alto. Gli altri articoli disegnano dei limiti al contenuto degli statuti, vincoli sul tesseramento e sui provvedimenti disciplinari ma soprattutto si impongono le primarie per legge. Una scopiazzatura del modello statunitense che nulla ha a che spartire con la storia dei partiti italiani. Eppure il proponente dovrebbe saperlo bene visto e considerato che nella sua introduzione si esibisce in una trattazione che farebbe invidia a molti specialisti in diritto pubblico comparato. Un'analisi che si estende anche ai lavori dell'Assemblea costituente in occasione dell'approvazione dell'articolo 49 della Carta, quello che disciplina la materia dei partiti. Un lavoro certosino che porta comunque ad un risultato più che opinabile. Il solo fatto che le formazioni politiche debbano diventare delle associazioni riconosciute basterebbe per convincere i componenti della Commissione Affari costituzionali della Camera a nascondere l'articolato in un cassetto. Mutuare regolamentazioni da altri ordinamenti dimostra poi che una certa classe politica ha poche idee e pure molto confuse. Per riavvicinare i cittadini alle sezioni ed alla militanza basterebbe fare in modo che la politica si occupasse di questioni che attengono alla collettività. Il finanziamento pubblico per i partiti è cosa buona e giusta. Sarebbe cosa gradita estenderlo a tutti e non solo a chi supera la soglia dell'1 per cento. Chi punta a portare la democrazia all'interno dei partiti non ritiene giusto spartire la torta con le piccole formazioni politiche.
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