Il pioniere del Terzo Polo

Dalla Rassegna stampa

Per la prima volta dall’inizio della Seconda Repubblica potrebbe nascere, con Mario Monti, il terzo polo. I tentativi precedenti sono stati transitori e fallimentari, ma ora le condizioni appaiono più favorevoli. Non è questione di vecchio-nuovo, di conservatorismo-innovazione, categorie sempre in voga nel lessico politico, di facile presa e applicabili a piacimento. È ancora bellamente una questione di posizionamento sull’asse destra-sinistra… e di occupazione del centro.

 

Ci hanno provato in tanti a togliere peso agli estremisti e a puntare sull’autosufficienza dei moderati, dopo il varo del sistema elettorale maggioritario. Il primo tentativo, e più paradossale, è stato quello post-democristiano di Mario Segni, proprio lui che era stato l’artefice, con i referendum del 1991 e del 1993, del passaggio al sistema uninominale maggioritario. Corteggiato sia da D’Alema e Occhetto sia da Berlusconi, rimase al palo come leader di una terza esile aggregazione (Patto Segni e Partito Popolare), stritolata nel 1994 tra la doppia alleanza di centro-destra (Polo della Liberta al Nord; Polo del Buon Governo al Sud) e i Progressisti (Pds, Rifondazione, cespugli vari).

 

Il terzo polo di Segni era fuori tempo massimo, basato sull’illusione che si potessero trattenere al centro, insieme, i tradizionali consensi della Dc e la domanda di cambiamento canalizzata dal movimento referendario. Un Berlusconi più agguerrito e più giovane di vent’anni, seppe cogliere molto meglio la logica del sistema maggioritario e intuì che c’era un enorme spazio per un’offerta politica nettamente alternativa alla sinistra.

 

Proprio da quell’esperienza nacque l’avventura nuova e straordinaria dell’Ulivo di Romano Prodi e l’ambizioso disegno di superare la sindrome quercia/cespugli, di andare oltre cioè l’egemonia organizzativa, prima ancora che politica, dei post-comunisti, per costruire un nuovo centrosinistra, «senza trattino» e internamente plurale. In effetti, fino a quando questo disegno è parso praticabile, le possibilità di affermazione di un terzo polo vero e proprio si sono ridotte.

 

A quel punto, il «centro» è diventato piuttosto un mero rifugio per i dissidenti in fuga dai due poli. I sopravvissuti alla lesione con partiti più grandi. Nel 2008 fu la volta dello strappo di Casini, il quale a dire il vero scommette da tempo su una riforma del sistema elettorale che gli consenta di giocare in proprio come ago della bilancia. Poi vennero il divorzio di Fini da Berlusconi (con tanto di dito puntato) e la fuoriuscita di Rutelli dal Pd. Ma, nonostante qualche benefit conquistato da Casini con la «strategia dei due forni», le regionali del 2010 e ancora di più le comunali del 2011 dimostrarono l’impraticabilità politica e la debolezza elettorale di un possibile cartello Udc-Api-Fli.

 

Con Super Mario può andare forse diversamente? Le sue qualità personali, alcuni elementi del contesto e certi indizi della campagna elettorale già in corso sembrano indicare di sì. Sulle prime c’è poco da dire. La sua statura come statista è fuori discussione, anche se il suo stile comunicativo non è detto funzioni in campagna elettorale. Il contesto gli è favorevole. La crisi della destra e la sfiducia generalizzata verso i politici di professione hanno reso potenzialmente mobili ampie quote del corpo elettorale, a cui potrebbe offrire rappresentanza, a determinate condizioni. Se riesce a raccogliere i delusi della blindatura a sinistra del Pd di Bersani (proprio da sinistra, più che da destra, come ha spiegato domenica Mannheimer, arrivano i flussi verso Monti), gli insofferenti dell’infinita ma ormai decadente egemonia berlusconiana sulla destra, a richiamare al voto un elettorato di opinione, moderato, in certa parte cattolico, intorno a una visione, a un progetto di profonda riforma e rilancio del Paese. Veniamo infine agli indizi. In tutte le campagne elettorali bipolari i leader dei due schieramenti, e i giornali a loro vicini, sparano a zero l’uno sull’altro. Da qualche giorno assistiamo invece a uno strano fenomeno. Proprio ieri l’altro si è costituita l’alleanza «anti-Monti» PdL-Lega (un matrimonio in punto di morte) e sono iniziati i cannoneggiamenti sia da destra che da sinistra (incluso il ministro Passera) contro il professore. Vorrà dire qualcosa?

 

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