La pillola per l'aborto e la fiera degli eccessi

Dalla Rassegna stampa

Torna la guerra - squisitamente politica- sul corpo delle donne. Torna accanita come lo era stata quando ci fu il referendum sull’aborto, o forse anche di più: già si ricorda, infatti è l’assessore lombardo alla Sanità a ricordarlo - che i feti abortiti con la Ru486 hanno diritto al funerale.
La guerra si trascinava, più o meno in sordina, da molti mesi ma ora fiammeggia di nuovo alta con il solito armamentario militare della politica fatto di manifestazioni in piazza e di dichiarazioni via via più intimidatorie. Nel mirino la pillola colpevole di interrompere una gravidanza in modo troppo soft, non abbastanza traumatico e doloroso. Altre spiegazioni non ci sono per questa battaglia, perché le infelici scervellate magari indotte dalla semplicità dell’intervento a ricorrere più volte al nuovo farmaco già esistevano e già abortivano a ripetizione con il metodo tradizionale.
Se è vero, infatti, che per la maggioranza delle donne la rinuncia a una maternità, è un fatto traumatico del quale conserverà memoria e forse rimpianto per tutta la vita, è anche vero che di fronte a un figlio davvero non desiderato, che in qualche modo rappresenta un pericolo, una minaccia, più o meno la stessa maggioranza cercherà di abortire in qualsiasi modo.
Basti ricordare a cosa avveniva prima dell’introduzione della 194 e prima dei viaggi in Inghilterra, con ferri da calza e pompe per bicicletta. È banale dirlo, perché è già stato detto un’infinità di volte, eppure continua a restare fin troppo vero: e cioè che, se l’interruzione di gravidanza non riguardasse soltanto le donne, i toni sarebbero se non altro più smorzati perché saprebbero, gli uomini politici, che potrebbe toccare anche a loro dover scegliere tra un intervento chirurgico - con anestesia - e una pillola.
Così, invece, possono alzare la voce a piacimento, in nome dell’etica, naturalmente, che però sa troppo di politica. Perché se davvero di etica si trattasse dovrebbero avere il coraggio di impugnare la legge 194 - non c’è dubbio, infatti, che, chimico o non chimico, sempre di aborto si tratta - senza badare alla probabile perdita di consensi. E allora, vista questa sostanziale contraddizione, non sarebbe meglio e più decente ridurre il tono dei proclami, evitando che il gioco politico si faccia così estremo su un tema troppo delicato per venire strillato come uno slogan pubblicitario o brandito come una clava per far fuori gli avversari?

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