Pil Italia, partenza sprint nel 2010

Dalla Rassegna stampa

La ripresa c’è, ma è fragile. La crisi greca si riacuisce e pesa sulle Borse europee. Si snoda intorno a queste due notizie l’ennesima, difficile giornata dei mercati. I nuovi dati dell’Ocse tratteggiano una futuro incerto, in cui gli Usa si espandono più degli altri partner del G7. Per l’Italia, in particolare, questi esperti calcolano nell’ 1,2% la crescita del Pil nel primo trimestre (0,9 quella dei principali paesi euro che fanno parte del gruppo). Mai tre mesi seguenti sono in netto rallentamento: appena mezzo punto di sviluppo (contro 1,9%).
Il ministro Scajola parla di «dati incoraggianti» pur riconoscendo che la ripresa è ancora «debole» e «intermittente». «Moderatamente ottimista» anche Pier Carlo Padoan, capo economista Ocse, secondo cui la ripresa «comincia a partire» anche se a diverse velocità. Spiegando il rapporto, allontana lo spettro di una dinamica a W, con una nuova discesa delle economie dopo la stabilizzazione. E sostiene che il doppio andamento italiano è dovuto «almeno in parte» al mercato dell’auto. Spiega: «Io vedo due fatti. Primo: l’Italia è un contesto difficile, alto debito e bassa crescita. Secondo: le mosse del governo sono state sempre molto prudenti perché tenevano conto del livello del debito». Per il domani servono un «significativo taglio delle spese» e un’azione mirata «sulle cause della debolezza della crescita», senza dimenticare i limiti imposti dall’elevato indebitamento.
Padoan raccomanda di mantenere la linea della cautela, pena una punizione da parte dei mercati. Con le sue parole: «Quando le condizioni saranno tornate normali, i mercati diventeranno meticolosi nello stabilire i prezzi del debito dei diversi Paesi. Per l’Italia, se ci dovesse essere un aumento anche piccolo degli spread, dato l’alto debito, ci sarebbe un effetto a catena molto pericoloso, che rischierebbe di attivare un circolo vizioso».
Ed è quel che sta accadendo in queste ore in Grecia. Il premier Papandreou torna a rassicurare i mercati. Ma la Borsa di Atene cede un altro 2,98% che aggiunto a quello del giorno prima totalizza un meno 5,19%. Non solo: il temuto differenziale trai titoli greci e i bund tedeschi, da sempre indicatore di tensioni sotterranee, vola di nuovo al record di 407 punti base, con punte di 412, il massimo dall’introduzione dell’euro. Continuano a salire i credit default swap sul debito della Grecia e per la prima volta superano quelli dell’ Islanda. In questo clima, si rincorrono le voci (subito smentìte) dì un ricalcolo al rialzo del deficit; si dice che la Ue sia pronta a mobilitarsi, se necessario; le banche chiedono di accedere ai restanti fondi del pacchetto di aiuti varato dal governo; gli esperti del Fini sono in missione per spulciare nei conti di Atene; i sindacati si preparano ad un nuovo sciopero generale contro il piano di austerità. Il tutto mentre Papandreou ribadisce che l’accordo raggiunto in sede europea garantisce al paese «una rete di sicurezza», il presidente Ue Van Rompuy nega che vi sia stata una richiesta di rivedere questa intesa e la Bce discute oggi il «caso». Risultato: la crisi greca pesa su tutte le Borse europee, tranne Madrid: Milano perde lo 0,81%. L’euro è trascinato sotto la soglia di 1,33 sul dollaro e l’oro, il bene rifugio per eccellenza, vola a 1.149 dollari l’oncia, il top da gennaio.

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