E Pier di nuovo si schiera col centrodestra

Dalla Rassegna stampa

Il duro scontro sulla data delle elezioni, che ieri ha opposto Alfano a Bersani e ha fatto temere per qualche ora una crisi di governo, ha visto nuovamente Casini schierato dalla parte del Pdl. In meno di un mese, è la terza volta, dopo il voto a sorpresa con cui i centristi fecero passare in commissione al Senato la bozza di riforma e elettorale e quello con cui successivamente fu portata al 42,5 per cento la soglia di accesso al premio di maggioranza.

 

Ma mentre il centrodestra ha le sue ragioni per preferire un election day unico per regionali e politiche, con una sola campagna nazionale, per puntare a far sbiadire il ricordo degli scandali che hanno posto fine alle amministrazioni della Lombardia e del Lazio, l’affiancamento dell’Udc ha una spiegazione diversa. Oltre a cercare di federare una più vasta area di centro, mettendo insieme i vari spezzoni che si stanno organizzando in vista del voto, Casini infatti è impegnato in una delicata iniziativa, per far sì che la «Lista per l’Italia» possa fregiarsi, prima della scadenza delle urne, del nome del presidente del Consiglio. Ora, non è un mistero che il centro sia schierato con Monti e punti a fargli fare il bis, contrariamente al centrosinistra e al centrodestra che otterranno dalle primarie i nomi dei loro candidati premier. Ma che Monti accetti, oltre alla lista, una sorta di partito a suo nome, è ancora tutto da vedere.

 

La strategia casiniana punterebbe a un avallo del premier da rendere esplicito anche nel corso della campagna elettorale. Dato che Monti ha detto e ripetuto che non ritiene di prendervi parte, basterebbe, per i centristi, che si limitasse a dire che non può impedire a nessuno di richiamarsi all’esperienza dei tecnici: specie in elezioni politiche istituzionalmente dedicate a valutare l’attività di un governo e a decidere se confermarlo o cambiarlo.

Ma anche in questa forma, l’eventuale ingresso del presidente del Consiglio in campagna elettorale avrebbe forti conseguenze: i candidati premier di Pd e Pdl, infatti, non potrebbero restare indifferenti all’entrata in campo di un concorrente così forte. E’ vero che, nel caso di un risultato elettorale orientato verso un bis, Monti ne ricaverebbe il vantaggio di non ritrovarsi come Prodi, che in tutte e due le sue esperienze dovette scontare la mancanza di un partito proprio e la difficoltà, per questo, di tenere unita la sua coalizione. Ma dopo una campagna in cui, seppure con un ruolo sfumato, il premier dovesse essere presente, non è detto che aumenterebbero le possibilità di rimettere insieme, se necessario, la larga maggioranza che lo ha sostenuto fin qui.

 

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