Piena di incognite la strada di Monti verso il Quirinale

Delle due strade, quella verso il Colle e quella verso Palazzo Chigi, forse la meno impervia - per Mario Monti - è la seconda. E non solo perché da sabato scorso c'è un movimento che esplicitamente fa riferimento alla sua premiership - e molti rumors danno il Professore tentato dalla politica - ma soprattutto perché precostituire chi sarà il prossimo inquilino del Quirinale è come dare i numeri al lotto. Adesso tentare di prenotare già la poltrona del capo dello Stato è un'operazione davvero impossibile visto che non si sa quale sarà la legge elettorale, quali saranno le formazioni politiche in gara e dunque quale Parlamento verrà fuori dalle prossime elezioni. Le incognite sono troppe per immaginare già Monti come successore di Giorgio Napolitano e, dunque, chi dice di pensare al premier come prossimo presidente della Repubblica mente sapendo di farlo.
Il primo punto è che non si possono prevedere quali saranno i numeri del prossimo Parlamento e soprattutto se davvero ci sarà l'onda lunga del grillismo. È chiaro che più saranno numerosi gli esponenti del Movimento 5 Stelle alle Camere e meno ci saranno probabilità di pilotare l'elezione del capo dello Stato. E comunque non può essere Monti, vista l'avversione dei grillini verso la politica del premier. Non basta. Perché le prossime Camere avranno un aspetto totalmente diverso dalle attuali: il Pdl sarà notevolmente ridimensionato; probabilmente entreranno deputati e senatori di Sel - oggi assenti - che, come è noto, sono contro il premier e l'agenda Monti.
Lo stesso Pd avrà volti e "pesi" politici diversi. Nel senso che anche nel caso vinca le elezioni, probabilmente i nuovi parlamentari saranno più vicini a Pierluigi Bersani - e quindi spostati a sinistra e meno tifosi del montismo - di quanto non lo siano gli attuali onorevoli selezionati nel 2008 da un Pd più riformista com'era quello di Walter Veltroni. Inoltre non si può escludere l'ingresso di una destra ostile alle politiche montiane ed europeiste. Dunque, l'ago della bilancia del nuovo Parlamento è possibile si sposti su posizioni anti-Monti.
La domanda quindi è: chi voterebbe Monti capo dello Stato? La risposta è assai più incerta di qualche mese fa e soprattutto di un anno fa, quando il suo arrivo a Palazzo Chigi fu salutato con un entusiasmo oggi dissolto. Questo per dire che anche la candidatura di Monti - comunque e per qualsiasi carica - deve passare prima per un'investitura politico-popolare. Cioè si deve realizzare l'operazione di tradurre in consenso quello che Monti ha fatto in questo anno: il rigore fiscale, l'adesione alle regole europee, la permanenza nella moneta unica. Su questi temi si gioca il futuro del premier in Italia, al Colle o a Palazzo Chigi.
È utile quindi la nascita di un movimento che sottoponga al test delle elezioni un programma che ha al centro la figura di Monti, ma soprattutto della sua politica filo-europeista. Il vero tema, che tutti eludono per paura dell'impopolarità ma che è centrale, è chiedere con chiarezza ai cittadini se vogliono o no l'Europa con tutte le ricette che ne conseguono. E semmai la risposta sarà affermativa, Monti avrà una o più strade aperte.
© 2012 Il Sole 24 Ore. Tutti i diritti riservati
SU