I piccoli antirenziani crescono

Dalla Rassegna stampa

I1 sindaco Pd contro un suo amministrato ed elettore, che fa il sindaco Pd altrove. Nei capitomboli della politica toscana, scossa da fermenti antirenziani, accade anche questo. Il sindaco in questione è Marco Mairaghi, classe 1969, primo cittadino a Pontassieve (Firenze) dove vive appunto Matteo Renzi, anche se in procinto di trasferirsi con la famiglia nel capoluogo che amministra. Mairaghi è uno degli amministratori locali e dirigenti piddini usciti, l'altro ieri, col manifesto contro Leopolda, in cui si bersaglia il Rottamatore.

«Ringalluzziti», come dicono da quelle parti, dal pienone al comizio bersaniano in città la settimana scorsa (anche se il Palazzo dei congressi, dove si è svolto, può ospitare un po' meno di mille persone), galvanizzati dalla pugnalata a Renzi del segretario metropolitano Patrizio Mecacci alla direzione provinciale di lunedì scorso, i piccoli antirenziani crescono. Lo fanno con un documento che punta a rilanciare il partito democratico «con le radici nella storia del movimento operaio e popolare di ispirazione socialista e cattolica, fecondamente ibridato (sic!, ndr) con il liberalismo repubblicano».

Mairaghi, laurea in economia e lavori nella Cgil, prima di darsi alla politica full-time con l'elezione a sindaco nel 2004 bissata a furor di popolo nel 2009, ha annunciato l'inizio di una raccolta di firme e poi, entro dicembre e di nuovo alla Leopolda, all'anti Big Bang, quasi che si volesse far arrivare da Firenze una stilettata a Renzi che, in quei giorni, potrebbe essere di fatto in pista per le primarie del Pd.

Per ora, le 21 firme che accompagnano quella del primo cittadino di Pontassieve, sono relativamente pesanti. Spicca certo quella di un altro concittadino, suo e di Renzi, l'assessore regionale all'Agricoltura, Gianni Salvadori, un cislino doc, d'obbedienza franceschiniana, cooptato in giunta prima da Claudio Martini e poi da Enrico Rossi senza mai il brivido d'un'elezione. Scontata invece la sottoscrizione di Andrea Barducci, presidente provinciale fiorentino, che nei giorni scorsi era sbottato in un'intervista: «Che palle questo Renzi, che palle». Seguono i nomi dell'establishment piddino della cintura fiorentina: tutti rigorosamente ex-diessini: da Adriano Chini, grande vecchio del Pci della Piana, il territorio fra Firenze e Prato, di nuovo sindaco di Campi Bisenzio, a Luciano Bartolini, primo cittadino in quel di Bagno a Ripoli, un altro che s'è fatta tutta la trafila Pci-Pds-Ds-Pd.

Sarebbe stato un colpo a effetto se non ci si fosse messo il sindaco di Siena, Sergio Ceccuzzi, a rompere gli schemi. Non solo sarà alla Leopolda ma ha anche Renzi «una risorsa per il partito: va rispettato, è sbagliato isolarlo», perché «riesce a parlare ad un elettorato che l'attuale classe dirigente del Partito democratico intercetta con difficoltà».

Intanto è stato reso noto il documento dei parlamentari piddini pro Renzi che, come aveva anticipato Italia Oggi, ha il giuslavorista Pietro Ichino come primo firmatario. «Le polemiche degli ultimi giorni e le dichiarazioni critiche di molti dirigenti nei confronti di questa iniziativa», scrivono 10 deputati e senatori Pd, «danneggiano il partito, dandone un'immagine distorta di un gruppo chiuso al suo interno e sordo ai richiami di una parte importante dell'opinione pubblica». E non si tratta, come si poteva immaginare, dei soli teodem.

Fra le firme, oltre a Andrea Marcucci, deputato lucchese d'estrazione liberale, quella dell'ex-presidente Acli, Luigi Bobba, del fondatore di Legambiente, Ermete Realacci, dell'onorevole e imprenditrice Maria Paola Merloni, del filo-radicale» Roberto Giachetti. Un'uscita che probabilmente ha spinto gli antirenziani a ricorrere a un'icona del sinistra italiana: l'astrofisica in pensione Margherita Hack. Non si sa se tirata in ballo perché fiorentina o perché, per mestiere, esperta di big bang. La stroncatura del Rottamatore è arrivata puntuale: «Con la destra in grave crisi, a sinistra è davvero il momento di un big bang politico», ha detto, «ma per farlo Matteo Renzi, con quella sua faccetta da ragazzino dell'azione cattolica, non mi ispira fiducia: molto meglio un personaggio solido come Rosy Bindi». Insomma per stare al linguaggio degli astri, meglio la nana bianca. Nel senso di una stella politica in via di spegnimento.

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