Piccola Posta

Che estate appassionante. E io che avevo pensato che non avrei mai più avuto a che fare con qualunque nozione di economia. Ora mi è venuta voglia di pubblicare il ricco carteggio fra me e la banca - il Monte dei Paschi - di cui sono cliente da una quarantina d'anni, alla fine del quale mi è stato rifiutato un piccolo prestito. Un gioiello letterario che conservo con orgoglio. A volte però mi dispiace di non avere una lira. Se avessi messo insieme una fortuna, magari ora mi intervisterebbero. Direi esattamente, con le stesse parole, quello che ha dettò ieri a Repubblica il signor Enzo Manes, uno che si occupa di rame e anche di filantropia benintesa. Ha detto: "In Borsa c'è un clima isterico, sembra perdersi ogni riferimento alla sostanza e al valore. Se l'Italia fosse un'azienda ora le servirebbe un aumento di capitale. Tradotto in termini pubblici, per me significa una legge patrimoniale, con annesse privatizzazioni e riforme per la competitività e la crescita, guardando non a chi sarà eletto tra due anni, ma a come staranno i nostri figli tra dieci?". Be', io la penso come un giovane industriale del rame: chissà se uno dei due debba preoccuparsi. In un dettaglio dissento da Manes, quando protesta contro gli analisti che "ci paragonano alla Grecia". Io sono rimasto lì: Graecia capta ferum victorem cepit, et artes intulit agresti Latio. Magari risuccede coi cinesi al Pireo.
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