La piazza punisce l'accordo. Sciopero generale ad Atene

In una calda domenica, quasi estiva, il primo ministro greco George Papandreou ha trovato le parole giuste per far digerire ai suoi connazionali il più duro piano di sacrifici che il Paese abbia dovuto affrontare dopo la caduta dei colonnelli e il ritorno alla democrazia. Un messaggio chiaro e terribile, «non avevamo alternative: o così o la bancarotta, perciò la catastrofe», accompagnato da una rassicurante promessa: «Saranno tre anni molto duri, ma vi assicuro che porterò la Grecia fuori pericolo». Passaggi che hanno confermato la determinazione del premier, e soprattutto la sua capacità di saper convincere la gente. Questo spiega, più di tante analisi, perché secondo i sondaggi il capo del governo goda di inalterate fiducia e credibilità, e perché la maggioranza dei greci sia pronta ad accettare i sacrifici. li primo maggio, in piazza Syntagma, cuore di Atene, ci sono stati scontri fra gruppi di anarchici e polizia. Ma i contestatori più duri e violenti, come tutte le manifestazioni hanno registrato dall’inizio della crisi, sono una piccola minoranza, che in realtà si batte senza una strategia. Ben diverso è l’atteggiamento delle forze di opposizione di estrema sinistra, contrarie alla politica dei sacrifici ma anche consapevoli dell’impopolarità di reazioni scomposte.
In particolare oggi, in un Paese che ha scoperto di essere (o di essere stato considerato) la pecora nera dell’Unione Europea. Sia il Kke, il partito comunista erede di un vetero stalinismo, sia la più moderata coalizione Syriza parteciperanno in massa allo sciopero generale di mercoledì prossimo, raccordandosi con la protesta dei sindacati. Insistendo su un punto: che non debbano essere i lavoratori greci a pagare, per le colpe degli scriteriati politici del governo precedente di centrodestra, che ha truccato i conti. In sostanza vorrebbero un processo esemplare contro chi ha portato il Paese verso il baratro. Il ministro dell’Economia George Papacostantinou ha detto che se ne dovrà occupare la commissione d’inchiesta. Ma si sa che, al di là delle condanne morali, in Grecia i due grandi partiti - il socialista Pasok e il liberal-conservatore -Nuova democrazia -, hanno sempre evitato di affrontarsi in battaglie politiche senza quartiere. Il centrodestra non affondò contro Andreas Papandreou, padre dell’attuale premier, quando fu coinvolto nello scandalo finanziario Koskotas. E Andreas restituì il favore a Nuova democrazia, adottando una linea morbida nella commissione parlamentare che cercava la verità sulla poco trasparente vendita del cementificio Aget Heracles all’italiana Calcestruzzi. Oggi, al di là delle accuse lanciate dal primo ministro contro i responsabili del disastro, c’è bisogno di unità per poter affrontare la crisi e gestire socialmente la politica di duri sacrifici. E poi George Papandreou sa bene che il centro dell’elettorato, che lo ha portato alla vittoria lo scorso ottobre, è lo stesso che aveva dato fiducia, nella consultazione precedente, al leader di Nuova democrazia Kostas Karamanlis.
I due maggiori partiti, che rappresentano circa l’80 per cento dei votanti, sanno che si può uscire dal tunnel tutti assieme. E che l’orgoglio nazionale, spesso evocato nei momenti più difficili della crisi, è il valore aggiunto necessario per affrontare l’emergenza.
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