La piazza che divide

La piazza continua a dividere le opposizioni, anche al proprio interno, come nel caso del Pd. Da una lato, contro la piazza, Casini, dall'altro, a fianco dei metalmeccanici, Di Pietro e Vendola. In mezzo Bersani, che non è andato a Piazza S. Giovanni, ma deve tener presenta la posizione di chi, come Damiano e Marino, ha manifestato. E di chi, come la presidente Bindi, dice che non si può prescindere da quella piazza per battere Berlusconi. Distante, molto distante la presidente del Pd, dal leader dell'Udc, che pone paletti e condizioni. «Se l'idea dell'opposizione - dice Casini - è quella di creare un'alternativa partendo da piazza San Giovanni, allora siamo fritti. L'Udc non si allea con il Pd se queste sono le loro posizioni». E lancia un appello ai moderati dei due schieramenti per unirsi: «non si capisce perché Enrico Letta e Pisanu, Fitto e Follini debbano stare su versanti opposti. Il Paese si rilancia mettendo assieme a governare le persone serie che nel Pd sanno che seguendo le piazze non si va da nessuna parte e le persone serie nel Pdl che non ne possono più di dover sottostare a un patto in cui è la Lega a dare le carte».
La posizione di Casini, che cerca di condizionare dall'esterno la politica del Pd e si propone come centro d'aggregazione dei moderati non piace a Di Pietro e Vendola. «l'Idv - dice Di Pietro - è con gli operai, non con la Fiat, crediamo nel Vangelo secondo cui bisogna stare dalla parte dei più deboli. L'alternativa al governo Berlusconi deve partire da esigenze come quelle espresse nella manifestazione della Fiom, dove non c'erano delinquenti ma lavoratori, madri e padri di famiglia. Una coalizione che isoli quella piazza come chiede Casini significa chiudersi in un bunker, tenere fuori il Paese reale».
Più sfumato ma ugualmente critico Vendola: «Ho grande attenzione e rispetto per le forze moderate e penso che debbano convergere con quelle della sinistra per trovare un programma riformatore. Ma non è detto che i moderati debbano avere la testa di questo processo di cambiamento». Nel mezzo il segretario del Pd, che continua a lavorare per costruire un'alleanza larga da Casini a Vendola, con Verdi e Idv.
«Il nostro - dice Bersani - è un partito di governo momentaneamente all'opposizione e in quanto tale non è un sindacato, non aderisce a manifestazioni sindacali. Il nostro compito è quello di lanciare un nuovo patto sociale per affrontare l'emergenza lavoro. I metalmeccanici della Fiom hanno diverse buone ragioni per essere ascoltati. Così come quelli della Fim e della Uilm non possono essere considerati dei traditori. E vanno ascoltati anche loro. Chi può ricomporre l'unita' deve dare una mano». Parole che raccolgono l'approvazione di Emma Bonino. «Condivido - dice l'esponente radicale - quanto dice il segretario Pd Pierluigi Bersani quando richiama la necessaria indipendenza del partito da qualunque sindacato, senza essere al traino della Fiom-Cgil piuttosto che della Cisl o della Uil. Così come condivido quello che dice circa la necessità di democrazia all'interno del sindacato».
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