Più forti della pioggia «Dimissioni, dimissioni»

Le donne di Milano hanno invaso il centro, per ore, sotto una pioggia a tratti battente e poi fiacca, hanno ballato allegre Scandalo della Nannini e Bella ciao versione Modena City Ramblers, scandito più volte «vergogna/vergogna», «dimissioni/dimissioni». E la parola magica che le ha portate in piazza a migliaia: dignità. Perché, lo dice uno striscione, «la dignità delle donne è la dignità di una nazione». Chiedono etica e moralità, e dei moralismi vedi Ferrara non gliene frega niente a nessuna. Con le loro sciarpe bianche, i cartelli, gli slogan, colorate e commosse a guardarsi, a contarsi, si sono prese la statua a Garibaldi, la fontana davanti al Castello Sforzesco, e siccome in piazza non ci stavano più sono diventate un fiume fino a piazza Duomo. Le donne di Milano a vederle dal palco sembrava fossero tutte lì, e con loro gli uomini. I negozi che affacciano sulla piazza hanno chiuso le porte e fatto evacuare chi stava dentro dal retro, la copertura dei cellulari è saltata, e per qualcuno è arrivato un piccolo malore, perché «mai vista una ressa così», parola di nonna cartello-munita: «Giù le mani dalle mie nipotine». Ci sono le nonne, le mamme, le figlie, quelle che studiano, quelle che lavorano, precarie, disoccupate, casalinghe, quelle che hanno organizzato le piazze e continueranno a farlo, Iaia Caputo, Piera Landoni, Silvia Ballestra, Assunta Sarlo per dirne alcune: «È una piazza straordinaria, che chiede una bella politica, che crede in un’altra Italia e in un’altra relazione tra uomo e donna». Le donne della Cgil, donne note a molti e anche a molti meno. Passa Claudia Mori: «Tutte, dovrebbero esserci tutte. Qualcuno vuole indebolire le piazze con argomenti assurdi, ma la dignità delle donne non si tocca. La mercificazione oggi è insopportabile. Si può fare spettacolo, si può anche fare la velina, ma con dignità: ad esempio impedendo che la macchina da presa arrivi fin sotto le mutande».
Ci sono quelle un po’ consunte, amareggiate di doverci essere, ancora: «Ma tutte queste cose non ce l’eravamo già chiarite? - dice Ottavia Piccolo - Evidentemente non basta. E siccome oggi soffia un vento nuovo, eccomi». Quelle cui soprattutto il futuro appartiene, come Carlotta, per ora studentessa: «È necessario indignarci ogni giorno, riconoscendoci come esseri umani unici e liberi di scegliere».
Basta connivenze Nella folla anche Sara Giudice, la pasionaria del Pdl che vuole le dimissioni di Nicole Minetti, sotto il palco anche Lucrezia Lante della Rovere, sul palco Maddalena Crippa: «Ma questi uomini sono figli delle donne, com’è che li educhiamo? Bisogna fare autocritica e farla finita con la connivenza». Hanno urlato più e più volte «adesso!» quando dal palco Teresa Mannino gridava «Se non ora, quando?», applaudito Di Pietro, travolto di abbracci Nichi Vendola: «La richiesta di cambiamento è forte, la politica deve saperla interpretare». Hanno annuito mentre dal palco si parlava di «trasmissioni spazzatura», sventolato cartelli per dire «Belle, laureate, abbronzate, ma non a disposizione», e per chiarire «Mia mamma mi ha insegnato a lavorare sodo, a rispettare le regole e aiutare i deboli: al governo siete tutti orfani?». E hanno dedicato un’ovazione all’arrivo di Dario Fo e Franca Rame, con un intervento centrato sulla vergogna.
La vergogna, soprattutto, «di chi non si vergogna».
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