Più che alle guerre di religione la Lega pensa a qualche voto extra

Dalla Rassegna stampa

Uno dei talenti nazionali è la capacità di discutere sul nulla. Questioni irrilevanti si sovrapponfono alle cose serie, conquistano le prime pagine, vi restano qualche ora o qualche giorno e poi svaniscono nella nebbia. Fino all'altroieri si temeva per la destabilizzazione istituzionale, qualcuno prevedeva la prossima caduta del governo per mano della magistratura, il Capo dello Stato era intervenuto per rasserenare il presidente del Consiglio e chiedere, per l'ennesima volta, riforme condivise.

Ebbene, nelle ultime ventiquattro ore il copione è cambiato. Ora tiene banco l'idea leghista (per la precisione del ministro Calderoli) di far svolgere anche in Italia un referendum contro i minareti islamici, sul modello di quello vittorioso in Svizzera; e soprattutto si perde tempo intorno all'ipotesi, avanzata dal viceministro Castelli, di inserire una croce cristiana nel mezzo della bandiera tricolore, così da richiamare senza possibilità di dubbio «le radici cattoliche della nostra identità».

Sia chiaro: nessuna di queste iniziative va presa sul serio. I primi a non crederci sono gli esponenti della stessa Lega e del Pdl. Tanto che il ministro Zaia ha subito contraddetto Calderoli sul punto del referendum. E Castelli ha registrato un rifiuto pressoché unanime alla sua tesi sulla bandiera. In fondo, il meno drastico è stato il ministro Frattini che si è spinto a parlare di proposta «suggestiva».

Ma la Lega non è interessata a raccogliere consensi. Anzi, su questi temi preferisce la solitudine. I compagni di Umberto Bossi (peraltro silenzioso) agitano la bandiera anti-islamica per comodità elettorale. Più sono aspri gli attacchi che ricevono e meglio è. L'importante è che la loro base popolare abbia modo di identificarsi una volta di più nel partito. Il messaggio è: la Lega non può fare il referendum a causa di alleati e avversari, ma lo vorrebbe; la Lega non otterrà la croce nel Tricolore, ma ci prova. In entrambi i casi, date più forza al Carroccio.

Senza dubbio tra i leghisti non ci si preoccupa delle guerre di religione. Al contrario, quasi le si adombra e non a caso si ammicca alle crociate. Ma il pensiero dei Calderoli e dei Castelli, che di solito sono uomini pragmatici, è rivolto al voto nelle Regioni. I minareti e i crocefissi servono a questo. E se alla fine i suffragi al Carroccio aumenteranno, magari a scapito dell'alleato berlusconiano, vorrà dire che l'obiettivo è stato centrato.

Né si deve credere che queste posizioni estremiste siano destinate ad approfondire più di tanto i solchi nel centro-destra. È vero che la Lega si trova oggi agli antipodi del presidente della Camera Fini per quanto riguarda l'idea di concedere la cittadinanza agli immigrati (con l'argomento, tra gli altri, che non si può rischiare di avere un partito islamico, fondato sul voto dei musulmani). Ma nulla, al momento, può incrinare il sodalizio politico-elettorale tra Pdl e Lega proprio perchè si fonda su un patto d'interesse.

Ne deriva che tutto rimane più o meno come prima. Da un lato, le proposte sui referendum e sul Tricolore servono solo a creare folklore; dall'altro, non ci sarà alcun diritto di cittadinanza riconosciuto agli immigrati. Non imiteremo la Svizzera per quella decisione che, a parere di Fini, serve solo a eccitare «il fondamentalismo e il fanatismo religioso». Ma nemmeno imboccheremo in modo risoluto la strada opposta. Resteremo a metà strada, come al solito.
 

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