Perché Vasco surclassa Ligabue

Vasco Rossi da Zocca vs. Luciano Ligabue da Correggio. Uno è il rock italiano, l'altro è un cantautore rock. Uno canta le albechiare che respirano piano, per non fare rumore, l'altro si gode il calore di certe notti, quando la macchina è calda e dove ti porta lo decide lei. Uno ha vissuto e cantato la vita spericolata, di quelle che non dormi mai, l'altro intorta musica e soffia le candeline a Presley, in buon compleanno Elvis. Uno è la star con cui ci ritroveremo per bere un whisky al Roxy bar, o forse non ci incontreremo mai, ognuno a rincorrere i suoi guai; l'altro preferisce locali più ruspanti, come quello di Mario che dà un colpo di straccio al banco del bar. Uno accende le luci a San Siro contro la guerra nella ex Jugoslavia contro Gli spari sopra, l'altro si mette assieme a Jovanotti e Pelù per cantare la lodevole negli intenti e cacofonica nei risultati Il mio nome è Mai più.
Uno, Vasco, è intimamente Radicale, legato personalmente al prodiano Giulio Santagata, anche lui di Zocca (il fratello Marco, scrittore, ha proclamato la laudatio per la laurea ad honorem allo Iulm di Milano, 2009), ed oggi è l'icona bersaniana del Pd alla ricerca di un senso (anche se un senso, spesso, non ce l'ha); in realtà se lo litigano in tanti, da Berlusconi che omaggia Vita spericolata ai farefuturisti che considerano «Vasco uno di noi». L'altro, il Liga, tra i tanti mestieri ha fatto anche il consigliere comunale per il Pci; poi ha prestato la sua Una vita da mediano a Prodi; infine, dopo una parentesi grillina (2007), aderisce al partito del non-voto. Entrambi vengono dalla stessa terra, rossa e, in un certo senso, sono la metafora perfetta di un paese diviso sebbene vicino nei gusti (rock) e nella geografia (l'Emilia). Vasco è di Zocca, il Liga di Correggio: pochi chilometri li separano, ma sono mondi agli antipodi, soprattutto per i loro fan che, domenica scorsa su Facebook, non se le sono mandate a dire.
Nel fine settimana scorso è scoppiata l'ennesima battaglia, mediatica, tra i due. Sulla pagina Facebook del profilo di Vasco è stato pubblicato un attacco a Ligabue. «Liga, quando avrai scritto anche tu quasi duecento canzoni e avrai pubblicato 16 album inediti potrai essere messo sul mio stesso piano. Devi mangiare ancora un po' di polenta prima di poterti confrontare con me. L'unica sfida che accetto è un duello all'ultimo s-a-ound (sic, ndr), la mattina all'alba, dietro il convento delle Carmelitane Scalze. Lascio a te la scelta delle armi. Ricorda che io sparo solo al cuore». Un'entrata a gamba tesa, a gioco fermo, con la palla lontano. Scoppia la rissa verbale tra i fan. Tania Sachs, ufficio stampa di Vasco sostiene che si è trattato di un «post che secondo noi non è stato scritto da Vasco ed è quindi erroneamente attribuito a lui. Non sono parole nel suo stile, non è da lui (...) Riteniamo sia qualcuno che ha voluto fare uno scherzo a tutti e due, anche se ancora non abbiamo scoperto chi è stato». Non ci sta Riccardo Vitanza, responsabile comunicazioni del Liga: «Solo l'amministratore di una pagina ufficiale di Facebook può pubblicare una "nota", così come eliminarla, non un semplice fan, o utente "esterno" alla pagina stessa». Il Liga, intanto, ieri era al Parlamento Europeo di Bruxelles per presentare il film-documentario Niente Paura e parlare dell'Italia. Sempre da ambienti ligabovini, proviene la voce per cui in vista della sfida estiva con i rispettivi tour e concerti, Vasco si sarebbe fatto un po' di pubblicità.
Se c'è un giallo su chi possa aver scritto, nella combriccola del Blasco, quella nota, quello che è certo è che negli ultimi 10 anni il Vasco e il Liga se le sono suonate, a volte letteralmente, in una guerra verbale e musicale degna della sinistra italiana (e della destra di oggi). Basta farsi un giro tra YouTube e Facebook per apprezzare l'odio tra i rispettivi fan. Nell'Italia dei fratelli coltelli questo è il derby della rossa Emilia. Come Coppi e Bartali, Baggio e Del Piero, Romolo e Remo, o meglio Valentino Rossi e Max Biagi. Due numeri uno che non sanno stare soli, due ultramaggiorenni (Vasco nel 2012 fa 60, il Liga è oltre i 50) che litigano come adolescenti. Una rivalità negata ufficialmente e più fomentata da loro stessi (forse è vero, non c'è rivalità, c'è odio). Da Ligabue con allusioni varie e vagamente paracule, da Vasco con sfottò smargiassi dal palco.
Il primo grande scontro tra i due, ben ricostruito da Massimo Poggini, autore di due biografie dedicate ai due rocker, avvenne nell'aprile 1999, a seguito della morte di Massimo Riva, il chitarrista di Vasco, per overdose di eroina. Ligabue presenta allo Iulm di Milano il suo film Radiofreccia, che racconta gli anni delle radio libere e degli eccessi del rock. In conferenza stampa va contro il pensiero comune «che si potesse smettere quando si voleva. Per i musicisti rock c'è ancora oggi l'alibi dello scotto da pagare per fare musica. Perciò secondo il galateo della perfetta rockstar, io che non mi drogo sarei fuori target». Frasi che, dette a poche ore dalla morte di Riva, fecero incazzare Vasco che, tramite staff, disse: «C'è chi, per accrescere la propria credibilità, ha scelto di "speculare" lanciando anzitempo inutili messaggi moralizzatori (...) Questo addio silenzioso non preserva noi dal solito e banale chiacchiericcio moralista sui rischi della droga e bla bla bla...». Ligabue mandò una lettera di scuse al Corriere della sera prendendosela con i giornalisti che avrebbero speculato «sulla morte di un musicista, imbastendo polemiche di bassa lega». Seguì riappacificazione pubblica nel marzo del 2000 al Premio Italiano della Musica. Ma si tratta di una tregua (è vero, forse prima si stimavano, ora si odiano).
Al concerto di Campovolo nel 2008, per problemi di audio - riporta sempre Poggini, ma il video è presente anche su YouTube - un gruppetto di spettatori del concerto di Ligabue canta in coro Albachiara. Un po' per protesta contro i problemi tecnici, un po' per sberleffo. Per Claudio Trotta, uno degli organizzatori del concerto, «quella era una cosa organizzata». Non ha prove, ma è convinto «che qualche fan club di Vasco abbia acquistato un po' di biglietti con l'idea di venire a dar fastidio. Del resto che la rivalità tra le opposte tifoserie sia forte è cosa risaputa». Sempre nel 2008, Bologna, Vasco fa finta di voler cantare Certe notti e si gode i fischi che arrivano dal pubblico. Un anno dopo, ad Ancona, rende omaggio ad uno striscione giallo con la foto del Liga e la scritta «Ridere dite», mentre a Torino azzarda ancora Certe notti, altri fischi del pubblico, e parla di Ligabue: è uno «bravo, giovane, che si farà». Il tono è ironico, quasi una parodia degli elogi di metà anni '90: è bravo, è un po' il mio fratello minore, diceva Vasco.
E il Liga? Si sarebbe vendicato con la canzone Caro il mio Francesco del 2010 (risposta edulcorata de L'avvelenata di Francesco Guccini), dove divide la scena musicale italiana in artisti, furbacchioni e topi. Focalizziamo sull'ultima categoria: «Il topo canta solo/ di quanto lui sia puro/ e poi dà via la madre/ per stare sul giornale/ ed è talmente puro/ che ti lancia merda/ soltanto per un titolo più largo/ ed io che il mio disprezzo/ me lo tengo dentro/ che il letamaio è colmo già pubblicamente/ ma quei presunti puri/ mi possono baciare queste chiappe allegramente». Per i ligabovini non c'è dubbio che tra i topi puri che lanciano merda per un titolo più largo c'è il Vasco. A settembre 2010 sulla pagina FB di Vasco è stato messo come status questo post di una fan:«Liga ormai se la tira in modo clamoroso, non ha più la genuina rabbia, l'impeto vibrante e l'avvolgente poeticità di Rossi. Passeggia sul palco beandosi del popolo ai suoi piedi. Vasco invece è il popolo!!!».
© 2011 Il Riformista. Tutti i diritti riservati
SU