Perché Tareq va salvato

Dalla Rassegna stampa

Sembra scritta oggi, per l’oggi: «Torno a chiedere al governo italiano - come ho già fatto al momento della prima condanna a morte - di impegnarsi subito e seriamente per scongiurarne l’esecuzione immediata... se ciò accadesse, il governo iracheno compirebbe un atto infame, degno di quelli che furono propri del regime di Saddam, indegno di un paese civile e democratico...».
 Così scriveva Marco Pannella, il 26 dicembre del 2006, annunciando di aver iniziato uno sciopero della fame e della sete «per impedire l’immediata esecuzione di Saddam Hussein». E aggiungeva: «Si presenta una straordinaria occasione per far esplodere, letteralmente nel cuore del Medio Oriente e nel mondo, un grande atto di pace, un grande dibattito nei popoli e nelle coscienze, lo scandalo della nonviolenza come alternativa alle dittature e alla guerra...»; per questo Pannella comunicava la sua disponibilità e offerta di recarsi a Bagdad e ovunque, per ottenere la grazia della conversione della pena di morte per Saddam in quella di trent’anni di reclusione. Successivamente precisava che salvare Saddam avrebbe consentito di poter ascoltare la sua difesa, e dunque «storie e storia, in primo luogo quelle delle complicità insospettabili delle quali il dittatore poté godere o dalle quali è stato istigato e armato... si chiude la bocca al complice, e si esporta nel mondo inciviltà e disperata barbarie...».
 Quello che quattro anni fa valeva per Saddam, vale oggi per uno dei suoi più stretti collaboratori, Tareq Aziz. Anche lui condannato a morte; e anche per lui, ancora una volta, Pannella mobilitato per impedire che sia ucciso, e in sciopero della fame e della sete. Ci importa qualcosa di TareqAziz? Sì, deve importarci. Va salvato in quanto persona.
 Chiedo esplicitamente la complicità di Europa per fare azione di "volantinaggio" a favore di questa causa. Emma Bonino è stata protagonista di un vorticoso, pressante, paziente e intelligente giro di consultazioni e di telefonate, ha bussato, come solo lei sa fare, a tutte le porte; fino a quando una si è aperta, e il ministro degli esteri Franco Frattini ha dichiarato che è disposto a recarsi a Bagdad assieme a Pannella per perorare la causa della moratoria delle condanne a morte. Una cosa che va al di là della maggioranza di governo e dell’opposizione, e che pone l’Italia all’avanguardia, una volta tanto non per le sguaiataggini del suo presidente del consiglio o i disastri ambientali come quello a Pompei. Per una volta siamo a capo di una grande battaglia di civiltà, analoga a quelle che ci videro protagonisti della lotta contro lo sterminio per fame nel mondo negli anni Ottanta, e in tempi più vicini per la moratoria delle esecuzioni capitali nel mondo decretata dall’Onu. E - non dimentichiamolo - alla straordinaria, pur se ignorata, campagna contro la barbarie delle mutilazioni genitali femminili. E sarà senz’altro un caso che in tutte queste iniziative si trovino in prima fila, promotori e "anime" Pannella e Bonino. Lo dico a quanti obiettano che i valori radicali sono di- stanti dai valori dei cristiani. Sicuri?
 Dopo la presa di posizione del ministro Frattini accade che il presidente iracheno Jalai Talabani, rispondendo all’auspicio del segretario della Lega Araba Ams Moussa, si sia detto contrario all’esecuzione di ogni pena capitale, anche quella di Aziz; Moussa si augura che Talabani si adoperi perché, «in un quadro di perdono e armonia sociale», e nonostante il ruolo da lui svolto nell’eliminazione dei partiti religiosi, Aziz non venga ucciso. Ora si tratta di vigilare, di incalzare il governo e il ministro: perché le parole non restino tali, perché seguano fatti e comportamenti concreti, iniziative politiche incisive e, soprattutto, tempestive.
 Non solo. Tareq Aziz è un personaggio chiave per saperne di più sulla seconda guerra in Iraq. Il primo passo, per esempio, potrebbe essere l’istituzione di una commissione d’inchiesta sul modello di quella inglese. Giorni fa il sito Wíkileaks ha reso noti circa 400mila documenti riservati su questa guerra.
 Per quanto siano gravi le rivelazioni di Wikileaks, si continua a girare intorno alla questione; la carne del problema è una guerra, voluta per alimentare il complesso militare-industriale; e il boicottaggio, operato da George W. Bush e da Tony Blair, con la complicità di Silvio Berlusconi e di Muhammar Gheddafi, dell’alternativa a questa guerra: un’alternativa costituita dalla proposta di esilio per Saddam e i suoi, che la Lega Araba stava proponendo e Saddam stava accettando. La documentazione e le testimonianze di tutto ciò è disponibile, accessibile. Eppure si preferisce ignorare, nascondere, occultare questa verità accecante.

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