Perchè la quadra è solo sulla Bonino

Dalla Rassegna stampa

Il sì del Pd alla Bonino ormai non ha ostacoli: perché ad una «fuoriclasse» (copyright Bersani) non si può dire di no e anche perché di alternative reali il Nazareno non dispone.
E dunque l’incontro di ieri fra la candidata nel Lazio e il segretario del Pd Bersani non poteva che andare bene, «in un buon clima», come riferisce Enrico Letta, spiegando che aver stipulato un “patto di consultazione” al di là della formula enfatica significa che «parleremo di tutto», e cioè che si rimette in carreggiata quel rapporto privilegiato che nell’ultimo anno si era via via sfarinato.
Più difficile scoprire in cosa consista la “ciccia” dell’intesa: certamente l’intesa riguarda la disponibilità dei candidati-governatori di marca Pd ad accogliere nei loro “listini” esponenti indicati dai radicali, altrettanto certamente significa l’appoggio di questi ultimi ai candidati-governatori di centrosinistra nelle regioni in bilico, in particolare in Piemonte e Liguria.
Resta però aperta una questione politica: la Bonino si farà carico del problema di rappresentare la coalizione che la sostiene o resterà la candidata della lista Bonino-Pannella? Proponendo le primarie la componente del Pd di Franceschini e Veltroni (che alla assemblea regionale ieri ha comunque dato il suo sì) ha tentato appunto di riconnettere Emma al tessuto del centrosinistra: tramontata ormai questa ipotesi, come fare a rendere chiaro questo nesso? C’è chi (soprattutto fra i cattolici del Pd) ha ipotizzato un ticket, una vicepresidenza espressione di quell’area: si vedrà. Allo stato, i malumori dei settori cattolici sono marginali e la sensazione è che il Pd cominci a credere nella carta-Bonino, «la partita è apertissima», dice Nicola Zingaretti.
Ma se nel Lazio la barca ha ormai mollato gli ormeggi nelle “solite” regioni (Puglia, Campania, Umbria) continua a regnare il caos. Tre situazioni da 1-X-2. In Puglia, a Francesco Boccia occorrono le firme dei tre quinti dei 126 componenti dell’assemblea regionale (che si tiene sabato a Bari) su un odg in cui si chiuda a Vendola e si sostenga Boccia e l’alleanza con l’Udc.
La prova di forza in realtà sembra non avere i numeri per sfondare e inoltre fa perdere forza all’operazione D’Alema, impegnato da due giorni a tentare una mediazione favorevole alle primarie, tanto che in Transatlantico ha allargato le braccia: «Nemmeno io ci sto capendo nulla».
E ieri non si escludeva neppure l’ipotesi estrema ma a questo punto credibile di un clamoroso ritiro di Boccia e un inevitabile “ritorno” sul nome di Vendola, con tanti saluti al “laboratorio pugliese” fondato sull’asse con Casini: sarebbe una sconfitta della linea Bersani-D’Alema destinata a riaprire lo scontro interno al Pd. Lo ha spiegato lo stesso Boccia: «Io esisto se c’e’ l’Udc.
Se la nuova coalizione non c’è, io non sono candidato».
Lo scontro serpeggia sotto traccia in Campania. Nulla di fatto in una difficile riunione dei dirigenti campani che si è svolta lunedì sera a Napoli alla presenza di Maurizio Migliavacca: non si capisce ancora se scenderà in campo Enzo De Luca (che appare dalle ricerche e dai sondaggi il nome più forte contro un Caldoro non imbattibile, ma che è osteggiato dai bassoliniani), se prevarrà il dalemiano Cascetta, o se spunterà un terzo nome, il segretario regionale Enzo Amendola.
Scenario curiosamente simile in Umbria, dove perde quota Rita Lorenzetti, i veltroniani reclamano le primarie e avanza l’ipotesi del terzo uomo, anche in questo caso quello del segretario regionale, Lamberto Bottini.
 

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