Perché i finiani ora si ricredono sul Colonnello

Europa islamizzata, le hostess ad ascoltare Gheddafi: un piatto troppo indigesto per una fetta della destra italiana. Così anche quest'anno la festa dell'amicizia Italia-Libia ha come corollario un aumento di tensione nella maggioranza. Lo show del Colonnello produce un altro fronte con i finiani; e lo fa, proprio nei giorni in cui si parlava con una certa insistenza (il Giornale a parte) di una presunta tregua nel Pdl.
Eppure, dopo l'invito del premier a minimizzare («Le cose serie sono altre, lasciamo perdere il folklore»), qualcuno ci aveva provato a smorzare i toni. A partire dal ministro La Russa («L'ospite è sempre sacro») o del fedelissimo Gasparri («Meno clandestini, e nessun rischio per l'identità cristiana»). Invece, ecco dalle artiglierie "leggere" dei finiani partire il doppio attacco. Il "solito" Fare futuro web magazine: «Siamo la Disneyland di Gheddafi», scrive Carmelo Palma, peraltro direttore di Libertiamo.it, creatura del deputato Fli, Della Vedova.
«Nelle passeggiate romane - scrive Palma - il rais libico esibisce la sua paradossale centralità nella politica di un governo che è passato dall'atlantismo all'agnosticismo, dalle suggestioni neo- con alla logica commerciale per cui il cliente, se paga, ha sempre ragione». Poi arriva l'affondo di Generazione Italia, altra emanazione della destra finiana.«Basta con le pagliacciate», scrive Gianmario Mariniello.
Per un altro deputato di Futuro e libertà, Carmelo Briguglio, «queste visite di Gheddafi aumentano le distanze tra governo e Stati Uniti e creano con la Santa Sede malumori di cui nessuno sentiva il bisogno». Ecco, su questo punto, almeno a giudicare l'espressione terrea di Gianni Letta, ripreso dalle tv sempre alle spalle di Berlusconi e Gheddafi, il sottosegretario alla presidenza del consiglio non sarebbe molto distante. L'offensiva finiana sembra legittimamente prodotta ad arte per tenere la tensione alta in vista di Mirabello.
Non ci sarebbe da stupirsi. Dalle nostre parti spesso la politica internazionale è piegata agli interessi di parte. Per dire, Italo Bocchino, non più di un anno fa, ai tempi di Villa Certosa e dello scandalo D'Addario, difendeva il premier parlando «di manina dei servizi segreti deviati», che non avevano gradito le «cose straordinarie che Berlusconi aveva compiuto su tre fronti importanti: la Russia, la Turchia e la Libia». Inoltre, per certi versi, peggio dell'anno scorso non poteva andare. Con Fini che annulla l'incontro alla Camera per le due ore di ritardo del Colonnello, Pisanu (e D'Alema) costretto a ricucire nella tenda piantata a villa Pamphili. A proposito dell'ex ministro dell'interno, non c'è forse immagine migliore per rendere la lacerazione che attraversa il corpo un po' ammaccato della destra. Amico della Libia, da titolare del Viminale dal 2003 lavorò con Tripoli - dove andò decine di volte - per preparare l'accordo sull'immigrazione, Pisanu è da più parti considerato l'asso che Fini potrebbe calare domenica prossima a Mirabello, nel suo discorso alla nazione.
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