Il pensiero liberale e la lotta ai "monopoli"

I1 berlusconismo è l'alibi che il regime partitocratico si è costruito per sopravvivere a se stesso e al proprio fallimento. Infatti, se la partitocrazia non avesse inventato lo spettro del berlusconismo, oggi il regime sarebbe nudo. Del resto, la partitocrazia italiana è un potere trasversale agli schieramenti e alle coalizioni. Anzi, è un monopolio, che gestisce e spartisce poltrone, denari, prebende, privilegi, coccarde. È un potere illiberale e fine a se stesso. Niente a che vedere con la politica, nel senso alto del temine. Niente a che vedere con la cultura, con le idee, con la conoscenza. Non a caso, a cominciare da un certa sinistra, la partitocrazia tende sempre verso il consociativismo delle cosiddette "unità nazionali", verso soluzioni da "compromesso storico" e lavora a governi di "solidarietà nazionale". È un riflesso innato, uno schema vecchio, un rigurgito da vecchio regime. Il potere partitocratico, quindi, da sempre, spinge per avere il monopolio del campo da gioco e respinge la possibilità che si formino proposte "altre" o che si creino le condizioni per l'affermarsi di forze liberali alternative a un tale dominio anti-democratico. Il pensiero liberale, come i lettori de l'Opinione ben sanno, combatte i monopoli e le degenerazioni monopolistiche, a cominciare dalla partitocrazia. E Panfilo Gentile ce lo insegna. Eppure, il panorama politico che ci si pone davanti, purtroppo, è quello di un blocco unico, di un "mono-polo", cioè il potere appare sempre di più come un unico polo pluripartitico, una sola grande coalizione che travalica gli schieramenti in campo unificando le varie posizioni in un corpo partitocratico spinto da riflessi conservatori, reazionari, illiberali, controriformistici e contro lo Stato di diritto. Oggi come ieri, infatti, la principale caratteristica della partitocrazia imperante è quella di puntare al monopolio del sistema politico e istituzionale del nostro Paese. Per questa ragione, da liberale e da radicale, sono sempre stato contrario al cosiddetto "Terzo Polo" perché si tratta, in realtà, di una scelta che rafforza il blocco unico del potere partitocratico. È il"monopartitismo imperfetto" descritto da Marco Pannella. E così, l'assetto partitocratico attuale è divenuto un mostro a tre teste, come il Cerbero nella mitologia classica. Non è con l'aggiunta di teste da immettere sul corpo del regime che si può trovare la strada del cambiamento e della riforma liberale. Di conseguenza, il progetto del Terzo Polo, come ho più volte scritto e ripetuto senza stancarmi, rafforza l'attuale Potere dominante e partitocratico. Non va dimenticato che il Cerbero è un cane a tre teste, le quali simboleggiano la distruzione del passato, del presente e del futuro. Il suo compito era quello di impedire ai vivi di entrare negli inferi e ai morti di tornare indietro. Il Cerbero, nell'immaginario collettivo, esprime l'idea di un guardiano arcigno e difficile da superare. È un mastino sanguinario e gigantesco che emette dalle fauci dei latrati che scoppiano come tuoni. Nessuno è mai riuscito a domarlo, tranne Eracle, cioè colui che rappresenta la Forza. Ecco, il punto è qui: c'è da costruire un terreno "altro" rispetto all'attuale campo partitocratico e trasversale, c'è da far nascere e crescere un altro corpo, ma che sia liberale e democratico. Si tratta, in poche parole, di alimentare l'alterità della politica rispetto all'antipolitica del potere. In altre parole, per cambiare davvero e per uscire dalla crisi politica in atto non si ha bisogno del Terzo o Primo Polo, tutte espressioni del "mono-polo", ma di una forza "altra" e diversa, nuova e innovativa, cioè antica e viva. Mi riferisco alla conquista di un più vasto terreno liberale e democratico, che in Italia ancora non c'è. Mi piacerebbe che il quotidiano l'Opinione continuasse a muoversi in direzione di un percorso caratterizzato dall'approccio liberale come fu quello rappresentato dal settimanale "Il Mondo" di Mario Pannunzio. Forse, addirittura, in modo ancora più innovativo. Il gruppo che, negli anni cinquanta, si riunì intorno al periodico "Il Mondo", infatti, diede vita a una esperienza politica e giornalistica di esplicita impostazione liberale. Con quella tensione morale, il direttore Mario Pannunzio riuscì a realizzare una sorta di luogo di incontro e discussione su supporto cartaceo, un cenacolo politico e intellettuale capace di incidere profondamente nel panorama culturale dell'epoca. E sulla scia del "metodo liberale", con la forza della filosofia liberale, nel 1955, soprattutto per iniziativa di Ernesto Rossi, "Il Mondo" inaugurò anche una serie di convegni che hanno lasciato il segno nell'iniziativa politica liberale e dei Radicali. Quei dibattiti sono ancora oggi di enorme attualità. Il primo convegno degli "Amici del Mondo" si intitolava "Lotta contro i monopoli". Era un modo per avanzare proposte liberali, costruire alternative al regime, promuovere un terreno politico di discussione. Esattamente quello che, nel suo piccolo, cerca di fare il direttore Arturo Diaconale con l'Opinione.
© 2011 L'Opinione delle Libertà. Tutti i diritti riservati
SU