Pensando a chi soffre

Compatibile con la legge che regola l’interruzione di gravidanza: alla fine l’Aifa ha risposto così alla richiesta del ministro Sacconi. E adesso resta valida l’autorizzazione all’uso della pillola abortiva RU486 e viene riconfermata la delibera che ne limita l’impiego in ambito esclusivamente ospedaliero. Malgrado il recente blocco voluto dal Senato, l’Aifa non cambia, insomma, una virgola del provvedimento rispetto a quanto aveva già deciso il 30 luglio scorso.
La scienza ha dunque risposto, non tanto alla fede quanto alla politica. Si sa, infatti, che la politica non si lascia sfuggire alcun appiglio utile per i suoi giochi di potere, e sembra che a questo scopo non ci sia appiglio più utile, più adatto dell’aborto, strumentalizzato da decenni da una parte e dall’altra, senza che chi lo soffre sulla sua persona sia mai davvero stato al centro della lunga discussione.
Ha risposto, l’Aifa, con una fermezza «da Paese straniero» quasi, fermezza alla quale qui in Italia non siamo più abituati, assuefatti, bensì, ai giochi appunto, alle scaramucce sottobanco, ai piccoli compromessi, ai patteggiamenti opportuni, se non peggio, alle trattative di scambio. Certo, la grande, nobile politica dovrebbe essere in grado di governare ogni cosa, ma la piccola politica ha così spesso l’aria di inseguire la vita con affanno, quasi sempre un poco in ritardo — non soltanto in caso di Ru486 — riducendosi a mettere bastoni tra le ruote, quando le ruote girano — come si sa che girano — in fretta.
Sullo sfondo — e questo è la specificità italiana — si muove il bisogno di compiacere il Vaticano per compiacere i suoi fedeli. Questioni di voti e di numeri, insomma, contabilità che i politici non scordano mai. Eppure, loro malgrado viene il sospetto che i fedeli, sempre più fedeli ragionino con la propria testa, anche a proposito di Ru486, certi abbastanza del fatto che, a incentivare il ricorso all’aborto, più della nuova pillola continuerà ad essere l’ignoranza a proposito degli anticoncezionali, l’uso sbagliato o insufficiente che se ne fa.
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