Pecorella critica «Il danno reale è per la difesa»

Dalla Rassegna stampa

 

Il telefono tace ancora. Da giorni, ormai. E, però, se gli sherpa piddiellini e futuristi ufficialmente non si parlano, aspettando il momento giusto, il nodo del processo breve non smette per questo di guadagnarsi il suo corposo spazio sulle cronache quotidiane. Ieri, per dire, ad agitare le acque ci ha pensato soprattutto Gaetano Pecorella, parlamentare di rango del Pdl e - particolare non da poco - avvocato del Cavaliere, il quale ha suggerito - e non è dato sapere se la task force al lavoro h24 a Palazzo Grazioli ci avesse mai pensato - come bypassare le forche caudine che attendono il legittimo impedimento a dicembre e che rischiano di lasciare il Cavaliere privo di protezione giudiziaria. E, poi, ha anche osservato che col processo breve si corre il rischio che vengano lesi i diritti della difesa.
Rispetto ai giorni nei quali i rapporti tra Berlusconi e Fini si misuravano sui progressi o gli arretramenti sulle virgole dei diversi scudi giudiziari che in questa legislatura si sono via via affacciati alla ribalta della politica, è chiaro che ormai la prospettiva si è del tutto rovesciata. E, se è vero che la giustizia continua ad essere il terreno di elezione del redde rationem tra i duellanti, è anche vero che, dalla nascita di Fli, i tecnicismi e le ghedinate hanno definitivamente ceduto il passo alla politica pura. «Il punto è politico», è stato infatti il ritornello dell'estate. Eppure, ieri, pur essendo ancora bloccata la trattativa, qualche ragionamento tecnico - quelli svolti da Pecorella, appunto -
«Dobbiamo trovare soluzioni che non scardinino alcuni principi fondamentali del nostro sistema giudiziario», ha detto il deputato piddiellino intervistato da Radio Radicale. «Non è concepibile - ha aggiunto - un sistema giudiziario che non dia una risposta di fronte ad una richiesta di un cittadino, come si rischierebbe con il processo breve». Non si è trattato di riflessioni astratte, però. Pecorella ha fatto alcuni esempi piuttosto concreti, chiedendosi, ad esempio: se «il giudice dovesse avere tempi ristretti, sacrificherebbe le richieste della difesa o quelle dell'accusa?»; rispondendosi: «Se la difesa chiede una perizia che rischia di far slittare i tempi ed estinguere il processo, il giudice rigetterà sicuramente la richiesta».
Qualche ragionamento Pecorella lo ha svolto anche sul processo Mills, osservando che si potrebbe modificare il legittimo impedimento «per cercare di costringere la Consulta a rimettere la questione al giudice di provenienza essendo cambiata la legge, come spesso accade di fronte alla Corte Costituzionale». Sarebbe un sistema, questo, che potrebbe consentire di schivare tutti i rischi - quelli che dipendono dalla decisione che la Consulta prenderà a dicembre - che hanno suggerito al Cavaliere di dare un nuovo colpo di acceleratore sulla giustizia.
Il suggerimento di Pieferdinando Casini al Cavaliere, invece, è di «togliere di mezzo il processo breve» il quale, ha detto il leader dell'Udc, «non ha nulla di credibile e non è una cosa che si può fare». Di più: «E un'indecenza». Quanto al Pd, Berlusconi, ha detto Pier Luigi Bersani, «sta cercando di risolvere il suo processo evitando che saltino decine di migliaia di processi. Ma fare questo è molto difficile perché non abbiamo ancora la Costituzione di Arcore». In Parlamento, ha aggiunto, «mi aspetto coerenza dai parlamentari che pensano che il processo breve sia una amnistia per Berlusconi». «Non lo chiamerei processo breve - ha osservato Massimo D'Alema - ma prescrizione rapida, perché non accorcia il processo ma accelera la prescrizione». E ha concluso parlando di una «forma di amnistia che furbescamente aggira la norma costituzionale che prevede una maggioranza qualificata».

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