Il Pdl ignora Calderoli il mediatore

Lo ha detto chiaramente: «È paradossale, ma è così: il governo è stato a rischio per colpa del fuoco amico». Roberto Calderoli ha, insieme a Roberto Cota, l'incarico di mediare tra Pdl e Fli. Ma più che di «mediazione» preferisce parlare di «ritorno alla politica». Il ministro per la Semplificazione lo ha spiegato in un'intervista a Repubblica di ieri, in cui ha indicato le due condizioni "ambientali" necessarie perché il suo compito possa andare a buon fine: il termine delle campagne di stampa contro Gianfranco Fini, il «fuoco amico» appunto, e la retromarcia del Pdl sulla cacciata dei finiani. «Non mi piace dare suggerimenti in casa d'altri. Ma se premessero il tasto "reset" non sarebbe male, la ragion di Stato - ha sottolineato - deve prevalere».
Dunque, benché il suo incarico arrivi da Berlusconi e Bossi, Calderoli fa un'analisi molto simile a quella dei finiani: dalla valutazione sulle campagne di stampa al fatto che il primo passo per la riconciliazione sia ritirare il deferimento ai probiviri di Italo Bocchino, Carmelo Briguglio e Fabio Granata. In sostanza, il ministro leghista avverte sul fatto che la responsabilità della riconciliazione o della rottura passa, prima di tutto, per le scelte del Pdl. «Una volta ristabilito un clima di rispetto reciproco, io non vedo problemi insormontabili anche su questo punto», ha chiarito, rispondendo a una domanda sull'atteggiamento dei finiani nei confronti del processo breve. «Calderoli - ha commentato il viceministro Adolfo Urso strappa il velo dell'ipocrisia e indica la strada della verità e della responsabilità a cui il Pdl è chiamato. È il Popolo della libertà che deve fermare il fuoco amico e ricucire lo strappo con Fini».
«Spetta a loro - ha proseguito Urso - provare che vogliono ricomporre la coalizione annullando la riunione dei probiviri del 17 settembre sull'espulsione di Bocchino, Granata e Briguglio. Se non esprimono chiaramente questa volontà, se dovessero esserci altri strappi come l'espulsione di altri membri del partito, sarà inevitabile rappresentare, nel quadro di un patto che abbiamo con gli elettori, questa frangia di centrodestra che rispetta le istituzioni e condivide la stessa visione degli altri partiti di centrodestra europei». E parole di apprezzamento per l'appello di Calderoli sono arrivante anche da altri esponenti di Fli, da Carmelo Briguglio a Giuseppe Consolo, mentre nessuno nel Pdl lo ha raccolto o commentato. L'intervista del ministro leghista è arrivata nel giorno in cui, con l'inizio della prima grande festa politica di fine estate, quella di Mirabello, si è di fatto aperta la nuova stagione politica. E, negli auspici di Calderoli, si è giunti alla fine «di questa estate che mi ha fatto rivoltare lo stomaco». «Tutto - ha chiarito il ministro per la Semplificazione - è partito da uno scontro nel Pdl, ma la responsabilità dei giornali "amici" c'è stata. Le due cose si tengono assieme: se non ci fosse stato lo scontro nel Pdl le notizie sull'appartamento Tulliani non credo avrebbero avuto questo spazio».
Per Calderoli non si tratta di censurare i giornali, ma «una notizia - ha precisato - non può nemmeno diventare una telenovela». «Non credo che, in questo momento, sia nell'interesse del Paese». È proprio a Mirabello si guarda in questi giorni per capire cosa accadrà: ci sarà un nuovo partito? Si andrà avanti con i gruppi parlamentari distinti? Nel caso la riconciliazione non avvenisse, Calderoli propende più per la seconda ipotesi, ma per entrambe non vede lo «scandalo». «Esistono - ha detto tante possibili soluzioni senza uscire dal perimetro della coalizione, che per noi resta l'unico paletto invalicabile. L'importante è che il governo sia sostenuto da gente che è stata eletta insieme».
Si legge tra le righe la stessa fiducia nei finiani già espressa da Umberto Bossi. «Finora Fini ha sempre mantenuto la parola: se dice che dà i voti, dà i voti», ha detto il Senatùr la scorsa settimana, al termine dell'incontro con Berlusconi da cui è uscita la linea del dialogo affidato ai leghisti. Quanto ai due diversi gruppi parlamentari «in passato ha ricordato Calderoli - ci sono stati parlamentari eletti in una lista che hanno formato gruppi diversi. Penso ai radicali o ai repubblicani della Sbarbati». Anche in questo frangente il ministro ha chiarito di non voler «interferire in affari che non mi riguardano» ed è forse per questo che non ha fatto riferimento al caso Sicilia: sotto le insegne del Pdl non solo convivono due gruppi, ma uno è con la maggioranza e uno con l'opposizione palese, comunque, il messaggio ai coordinatori Ignazio La Russa e Denis Verdini che hanno sventolato come inaccettabile la coesistenza dei due gruppi e hanno annunciato la prossima chiamata (e defenestrazione) dei coordinatori territoriali che hanno aderito a Fli. Ancora l'altro giorno, alla festa elettorale del Pdl di Cecina, Verdini intimava: «É chiaro che chi costituisce gruppi autonomi in parlamento o nei consigli regionali, provinciali e comunali si mette automaticamente fuori dal partito». Ammonimenti che gli irriducibili del partito monolitico non hanno mai speso per la Sicilia.
Ma lì non c'era il problema delle epurazioni. Si torna dunque alla considerazione di fondo di Calderoli sul fatto che «l'atteggiamento di Fini può essere completamente diverso, dipende da tante cose: dalla campagna dei giornali, dai rapporti tra finiani e il Pdl». E la linea dei finiani è chiara e coerente fin dall'inizio di questa vicenda: «Noi stiamo con Fini. Se Fini è nel Pdl, noi siamo nel Pdl, altrimenti - ha avvertito Urso - faremo un altro soggetto politico. Quindi, sono loro che devono sciogliere il nodo, riavvolgendo il film di queste ultime settimane, recuperando totalmente lo strappo, cioè ridando a Fini il ruolo che gli spetta nel partito che ha cofondato. Se questo non avviene in tempi brevi - ha proseguito il viceministro - è inevitabile che milioni di elettori che riconoscono in Fini il leader destra italiana, troveranno un altro luogo di rappresentanza». Ma per Urso il faro resta quello di una ricomposizione: «È importante creare un partito che duri e che possa avere avere un giorno un altro capofila, anche se noi riconosciamo ancora pienamente la leadership di Silvio Berlusconi».
Il viceministro ne ha parlato con il quotidiano svizzero Le temps, al quale ha anticipato il senso del discorso del presidente della Camera a Mirabello: «Fini rivolgerà un messaggio ai 4-5 milioni di elettori che lo hanno scelto come leader, ma anche alla nazione. Si rivolgerà - ha aggiunto - a tutti gli italiani che si sentono in causa in questioni come l'interesse generale, l'integrità della nazione e la necessità di rinnovare il Paese. Continuano a pensare che il miglior modo per affermare un centrodestra moderno passi per la ricomposizione politica dell'attuale coalizione di governo». «Ma per questo il partito deve dibattere su questioni fondamentali, come la democrazia interna. Settembre - ha concluso Urso - sarà il mese della verità come quello d'agosto è stato quello delle aggressioni».
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