Pdl, cena di tregua tra le correnti: via i coordinatori, poi i congressi

La goccia che rischia di far traboccare il vaso delle tensioni interne al Pdl è la promessa ribadita ieri da Silvio Berlusconi alla coppia Lib-dem, Tanoni e Melchiorre, recentemente traslocati nel centrodestra, di essere nominati sottosegretari già la prossima settimana. Una rassicurazione che diventa una vera e propria bomba ad orologeria inserita nel corpaccione di un Pdl in fortissima tensione. Soprattutto se la lista dei beneficiari di un posto al governo si allunga di giorno in giorno con i nomi del leghista Brigandì, del siciliano Musumeci e del Responsabile Sardelli. Cambiali che il Cavaliere sembra voler pagare, ma che aumentano l'insoddisfazione dei tanti deputati e senatori ex azzurri che non hanno mai messo in discussione l'appoggio al governo e che poco condividono la filosofia del figliol-prodigo.
La cena organizzata ieri sera dai capigruppo Cicchitto e Gasparri all'hotel Valadier con tutti i ministri ha di fatto sancito una tregua «almeno sino alle amministrative - spiega uno dei commensali - poi via i tre coordinatori e immediato avvio della stagione dei congressi». La tensione però è fortissima e la partecipazione di Claudio Scajola ieri sera alla cena è la conferma del peso prodotto dai 57 parlamentari radunati la sera prima dall'ex ministro all'hotel Majestic. Ieri l'altro al rito ;della conta interna si,è sottoposto anche Altero Matteoli. Il ministro delle Infrastrutture, cementata l'intesa con il sindaco di Roma Gianni Alemanno e il senatore Andrea Augello, ieri è partito all'attacco del collega e coordinatore del Pdl Ignazio La Russa sollecitando «un cambio di marcia», «l'avvio di congressi» per chiudere la fase dei 70 a 30 perché a scegliere il successore di Berlusconi non può essere il Cavaliere «ma i delegati» in un congresso.
Berlusconi, che da giorni sembra divertirsi all'idea di indicare il «predestinato» alla successione, ieri pomeriggio ha dovuto innestare la retromarcia visto che la proposta di Alfano come suo vice e delfino, stava mandando in tilt l'intero quadro dirigente del partito. Stavolta però non è stata tanto la gelosia dei vari colonnelli a costringere Bonaiuti all'ennesima precisazione, quanto l'irritazione del Guardasigilli e lo sconcerto di quanti faticano a rintracciare nelle parole del Cavaliere quel minimo di linea politica in grado di dare una prospettiva al Pdl e all'intero centrodestra sino al 2013 e dopo. La stessa evocazione fatta dal Cavaliere, l'ennesima, di Gianni Letta al Quirinale cade in un momento che certo non aiuta il sottosegretario che da tempo osserva con crescente preoccupazione la linea tutta muscoli di una maggioranza che si allarga agli Scilipoti ma che fatica a recuperare un dialogo persino con gli ex ministri finiani Urso e Ronchi che poco condividono la decisione di Bocchino di appoggiare a Napoli e Milano i candidati del centrosinistra in caso di ballottaggio.
La tregua, in attesa del voto alle amministrative di maggio, non viene però interpretata dai ministri come l'ennesimo rinvio, ma come data ultima dopo la quale Berlusconi dovrà dare avvio alla fase congressuale del Pdl in tutti i comuni e le province e che, secondo i ministri, non può essere gestita dagli attuali tre coordinatori e che va avviata non a settembre - come sostiene Maurizio Lupi - ma prima dell'estate. Il sogno fatto da Giuliano Ferrara di un Berlusconi che si ritira dalla scena politica rischia di diventare un incubo per lo stesso Cavaliere che avverte l'insoddisfazione dei suoi colonnelli. La chiamata alle armi in vista delle amministrative fatta ieri pomeriggio dal presidente del Consiglio punta ad azzerare le tensioni interne, obbligando tutti ad impegnarsi a testa bassa nella campagna elettorale. Le sfide di Bologna, Napoli, Torino e Milano rappresentano un test decisivo per il Cavaliere che è consapevole come la strada sia tutta in salita. Specie nel capoluogo lombardo nel quale l'inchiesta sulle firme false raccolte alle ultime regionali, prodotta da un esposto dei Radicali e arrivata ieri ad una svolta con l'invio di un pacchetto di avvisi di garanzia, rischia di produrre non pochi effetti e se la Moratti finisce al ballottaggio la faccenda potrebbe complicarsi.
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