Il Pd va in confusione e la nuova maggioranza vota in ordine sparso

A ora di pranzo, mentre in aula c’è la sfida all’ultimo voto sugli emendamenti alla legge Gelmini, vanno tutti in confusione: la rottamanda maggioranza Pdl-Lega che recita il suo de profundis, ma anche quella futuribile Pd-Udc-Idv-Fli-Mpa che s’impappina, si sfilaccia e risparmia al governo l’ennesima figuraccia. Per tutto il giorno i deputati Fli rassicurano il Pd e l’Idv: voteranno la «riforma», ma è l’ultimo sì a questo governo. Di qui a un governo ‘di responsabilità’ però ancora ce ne corre.
Le distanze si misurano su un emendamento firmato dall’ex Pd Massimo Calgaro e dall’ex Udc Bruno Tabacci, entrambi approdati nell’Api di Rutelli. Chiede che parte del finanziamento ai partiti venga utilizzato per i fondi ai contratti di ricercatore a tempo indeterminato. La proposta, che ha già l’accordo di Pd, Idv e Fli, fa imbufalire Ugo Sposetti, ex tesoriere Pci. Che interviene in marcatura e fa saltare l’intesa: «È indecente. Qualcuno vuole che Berlusconi governi per altri 50 anni, perché di questo passo sarà l’unico che potrà permettersi di fare campagna elettorale». I deputati non capiscono un granché e votano in ordine sparso: finisce 305 no, 190 sì, 20 astenuti. In 24 fra Pdl e Lega si astengono. Vota no un drappello di finiani e altrettanti non votano, vota no l’Udc con Casini in testa, ma in cinque votano sì. Il Pd copre tutta la casistica: votano contro in 25 (con Sposetti, fra gli altri, Cuperlo, D’Antoni e Lolli), non vota il segretario Bersani insieme a un altro manipolo (fra cui Fioroni, Letta, Castagnetti). Si astiene D’Alema, con Fassino, Migliavacca e Soro. Vota sì la pattuglia radicale, in memoria delle vecchie battaglie contro il finanziamento pubblico dei partiti; Maurizio Turco lo annuncia di corsa alla radio pannelliana che sta dando in diretta l’avvenimento. Il risultato è un mezzo pasticcio. Soprattutto per il Pd, che si rovina la festa di fine governo. Mentre fuori da Montecitorio gli studenti vengono rincorsi e manganellati dalla polizia, dentro i cronisti inseguono il segretario per sapere se è vero che c’è un asse Veltroni-D’Alema per commissariarlo: «Chiacchiere». Tutti gli interessati reagiscono male, ma la fotografia di un partito diviso e senza bussola è scattata.
Così sul voto sul finanziamento ai partiti. Un provvedimento su cui saltano i dipietristi, e che manda in tilt il Pd. In Transatlantico, Sposetti sacramenta e accusa la mossa di strumentalità. Tabacci replica: «Macché, era solo un segnale di buona volontà della cosiddetta casta verso i ricercatori e gli studenti». Il capogruppo Dario Franceschini corre ai ripari e spiega: «I trenta deputati Pd sono stati ininfluenti per la bocciatura dell’emendamento, visto che lo scarto è stato di oltre 100 voti e l’intera Udc si è schierata contro». Insomma «visto che la stragrande maggioranza dei nostri deputati ha votato a favore, non è corretto parlare di spaccatura del Pd». Almeno su questo.
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