Il Pd e la sconfitta alle Regionali del Lazio

La rivelazione di Concita De Gregorio riguardo le elezioni regionali del 2010 nel Lazio mi ha colpito ma non meravigliato. Non ho motivi di dubitare delle sue parole, fino a prova contraria; la stimo e non mi sembra una persona che parla a vanvera. Non mi sono affatto chiare le modalità e le ragioni della sua rimozione dalla direzione de "L'Unità", soprattutto alla luce degli ottimi risultati raggiunti e degli obiettivi centrati in 3 anni. Posso immaginarle, ma non mi piace la dietrologia. Come cittadino elettore e iscritto al Pd sono molto arrabbiato e deluso. Ricordo bene l'insofferenza verso Emma Bonino, nonostante la sua candidatura abbia fatto recuperare un centrosinistra ammaccato e suonato (il 48,5% in quelle condizioni dopo 5 anni di governo regionale non certo edificante è stato un miracolo) e abbia tolto dall'impaccio un Pd incapace di trovare un candidato e di reagire correttamente e in modo trasparente allo scandalo Marrazzo. Partito commissariato da tempo dopo le dimissioni di un segretario regionale, Alessandro Mazzoli, poco tempo dopo essere stato eletto (primarie 2009); partito i cui elettori hanno rimandato al Consiglio Regionale solo consiglieri uscenti, tutti uomini, alla faccia del rinnovamento delle classi dirigenti e della rappresentanza di genere. Non è così che si rappresentano i cittadini, i loro bisogni, i loro diritti, le loro speranze. Soprattutto se poi si propongono loro tagli ai servizi, sacrifici, rinunce. Non è così che si disegna un futuro possibile o anche soltanto una buona amministrazione. Quando la politica si riduce a intrighi, scambi inconfessabili, interessi privati, accordi sottobanco, ordini presi da Oltretevere, pacchetti di tessere, piccoli feudi clientelari, guerra tra correnti o addirittura tra singole persone, la politica stessa muore. Dando un colpo micidiale a una democrazia già agonizzante.
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