Il Pd punta sul soldato Zingaretti

L’idea che da giorni circolava negli ambienti ben informati del Pd laziale è stata ufficializzata addirittura prima che ci sia la data delle elezioni per il post-Polverini: Enrico Gasbarra ha chiesto ieri alla direzione regionale del partito di appoggiare Nicola Zingaretti alla presidenza della regione.
L’interessato non ha partecipato alla riunione in cui la strada che avrebbe dovuto condurlo in Campidoglio è stata dirottata verso la Pisana. Chi lo ha incontrato o sentito nei giorni scorsi e ancora ieri mattina racconta di una contrarietà del presidente della provincia, da tempo indicato come il candidato ideale della riscossa del centrosinistra dopo il disastro Alemanno.
Tuttavia, riferiscono anche dello spirito di servizio con cui Zingaretti si è andato avvicinando all’esito che a molti è apparso inevitabile di fronte a un voto in tempi strettissimi da affrontare senza primarie e con un candidato forte. Zingaretti avrebbe chiesto un rinnovamento profondo delle liste e mano libera nella scelta della squadra di governo.
Garanzie che dovrebbero essere scontate, almeno a giudicare dal tenore degli interventi di ieri in direzione. L’appello partito dal circolo dem di Trastevere ha fatto molta strada in pochissimi giorni, arrivando a Fiano, Vicovaro, Viterbo, Sant’Oreste, passando per Ponte Milvio, Esquilino, Donna Olimpia, in una tendenza che è apparsa inarrestabile. Se ne è avvertita l’eco nelle parole di tanti, a cominciare da Ugo Sposetti – di certo non un movimentista arrabbiato – che ha definito «corretta» l’iniziativa dei circoli e chiesto «la panchina per chi ha sbagliato, perché qualcuno ha sbagliato gravemente».
Il segretario Gasbarra, nel suo intervento introduttivo, aveva sottolineato il merito dell’azione svolta dai consiglieri le cui dimissioni avevano portato alla svolta in regione Lazio, richiamando al contempo la necessità di cambiare, ma mettendo in guardia dal dire che «sono tutti uguali», tesi che può nascondere la volontà «che nulla cambi». Gasbarra ha accennato anche alla creazione di una commissione per rinnovare liste e regole (una proposta contenuta in un ordine del giorno del gruppo guidato da Giovanni Bachelet e illustrata da Cristiana Alicata), ricordando anche che gli eletti dem nell’ultima tornata erano tutti uomini. Non sembra che possa prevalere la linea del «tutti a casa»: profondo rinnovamento, ma no alle liste di prescrizione, è la linea dei più. Se ne parlerà ancora, quando la direzione, che al momento in cui andiamo in stampa è ancora in corso, tornerà a riunirsi, probabilmente quando Polverini si sarà decisa a rendere nota la data delle elezioni.
Con la candidatura di Zingaretti si è dunque aperta una fase nuova. Ieri non è stato affrontato il tema delle alleanze con cui il Pd sosterrà il suo uomo, ma sono in tanti a ritenere che il via libera sul nome del presidente della provincia abbia dietro di sé un accordo tra i vertici Pd-Udc per offrire il Campidoglio ad Andrea Riccardi. Il ministro per la cooperazione, piuttosto «infastidito» per essere stato tirato per la giacca senza che gli sia arrivata una proposta seria ad alto livello, ieri ha risposto ironico ai cronisti: «Se me lo chiede un segretario di partito ne discuto e gli rispondo sì o no». Pier Luigi Bersani, interpellato a sua volta, ha sorriso senza dire nulla. Nel Pd c’è anche chi pensa che il Campidoglio sia stato sgomberato per far posto a Gasbarra.
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