Il Pd appoggi la battaglia del Pdl

Dalla Rassegna stampa

Di questo fritto misto di ingenuità e pressappochismo, di sinistra incarognita e accanimenti burocratici, di questa confusione generale che alla fine ha partorito la frittata dei ricorsi non accettati, delle denunce, dei tentativi in extremis di raddrizzare una situazione che pare uscita dai film di Totò e Peppino, nel Popolo della Libertà si dovrà certo parlare e trovare chiarimenti organizzativi una volta che lo tsunami-liste, potente e distruttivo, avrà terminato di far danni, speriamo il più contenuti possibili. Magari, cercando anche di evitare che interviste su interviste si accavallino producendo il rischio di contraddizioni laceranti. Ma il problema al momento non è questo. E che le notizie che arrivano sulle potenziali bocciature del listino collegato a Renata Polverini e persino della sua lista, autorizzano anche il più scettico a cominciare a pensare male: e insomma, ma come si fa a dar credito, per una semplice questione di priorità nella presentazione delle firme, a una lista di Fabio Polverini nata e cresciuta a fotocopia della lista vera, quella di Renata Polverini, solo per fare interdizione, e dunque rompere le scatole? E così, in questo giochi degli specchi e delle imboscate,, dei finti appelli alla legalità e ai paniniconsumati fuori tempo, nel Lazio il centrodestra corre il rischio di trovarsi, orbo del candidato. E cioè, niente Polverini, niente candidato alla presidenza della Regione, niente listino, niente listone del PdL, niente di niente. Un sublime valzer dell'assurdo. E il bello è che si parla della cancellazione di liste di partiti giganteschi quanto a voti e militanti, di armate elettorali che hanno già investito tonnellate di denari nella promozione dell'im magine, di una candidatura fortissima che si oppone a un'altra candidatura fortissima. Basterebbe il buonsenso per accettare una verità evidente: i meccanismi che presiedono alla presentazione delle liste elettorali servono per proteggere la Polverini Renata dal Polverini Fabio, per scansare la proliferazione delle liste farlocche, per evitare che qualcuno si svegli la mattina e decida di andare a intasare di simboli le nostre schede elettorali. Volendo estremizzare il ragionamento, si può sostenere che i grandi partiti non avrebbero bisogno di presentare il certificato della loro popolarità. Se avesse seguito questo ragionamento, il centrosinistra e la sua candidata avrebbe fatto gran miglior figura con la seguente dichiarazione: caro PdL, siete dei pasticcioni, ma senza il PdL questa competizione elettorale non ha senso, è sfalsata, è drogata, è monca, appoggeremo la vostra battaglia per il riconoscimento per poi, al limite, condurre una campagna elettorale all`insegna del "volete essere governati da chi non sa nemmeno presentarein tempo una lista?". Legittima arma di campagna elettorale, ma di una campagna elettorale vera, con tutte le coalizioni schierate al, completo. Invece questo non è successo, abbiamo assistito al tentativo da parte della sinistra e della stessa Bonino di nascondersi dietro la bandierina corta e stracciata della legalità per mascherare una devastante ammissione di debolezza. E già adesso la corsa regionale nel Lazio è malmessa. La tegola del listino della Polverini è l'ultima, e forse nemmeno la più dolorosa. A questo punto, se il quadro generale di confusione e di attacco politico mascherato da cavillo giuridico, non dovessero mutare, se dovesse presentarsi alla corsa. elettorale un centrodestra monco e privato della gigantesca forza di mobilitazione legata ai candidati al Consiglio, alla Polverini non resta che compiere l'estremo gesto: ritirare la candidatura. E dire alla Bonino: la campagna elettorale fattela da sola. Così, forse, il triste e tragicomico spettacolo di questi giorni avrebbe un epilogo,momentaneo ma cruento, inchiodando ciascuno alle sue responsabilità: il centrodestra, certo, ma anche il Pd, la sua candidata, e le autorità che stanno trasformando il percorso di
legittimazione elettorale del PdL e della Polverini nel Lazio in un calvario, a questo punto davvero incomprensibile.

 

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