Pd, le alleanze impossibili oggi tocca a Radicali e Udc

Dalla Rassegna stampa

Ieri a Bruxelles per il suo debutto da segretario, Pierluigi Bersani ha dovuto esibirsi in un equilibrismo non semplice: fra sostenere la candidatura di Massimo D`Alema a ministro degli esteri Ue («È in campo e sarebbe strano che il governo non la considerasse un`opportunità per l`Italia») e insieme sostenere l`insostenibile, e cioè che l`appoggio del governo Berlusconi a questa candidatura non legittima «altri ricami», ovvero inciuci fra Pd e Pd]: «Non ho avuto nessun contatto diretto con il governo sulla candidatura di D`Alema», ha dovuto assicurare e ribadire, «questo è il capo e la coda di questa vicenda, non c`è altro da aggiungere». Non può aggiungere altro, Bersani, la posta è alta- Ma la mossa del governo ha infelicitato la partenza della sua segreteria, guadagnata fra l`altro proprio in opposizione alla linea del «dialogo» con cui Veltroni esordì due anni fa allo stesso incarico. Per di più ora il governo agitala riforma della giustizia. «Se ne può parlare, se invece di usare la parola `dialogo` si usala parola `confronto, se si parte dalle esigenze dei cittadini, che hanno qualcosa da dire sulla lentezza dei processi, e non da temi che irrompono dalle diverse questioni che interessano il capo del governo». A Bruxelles il neosegretario Pd ha incontrato il commissario per l`economia, Joaquin Almunia, il capogruppo del nuovo gruppo socialdemocratico Martin Schulz (che gli ha assicurato che «nella famiglia socialista c`è larghissimo apprezzamento per D`Alema, anche se non mancano altre personalità»), Mario Mauro, capodelegazione Pdl, e infine il vicepresidente della commissione Antonio Tajani, la cui nomina alla commissione è alternativa a quella del presidente di Italianieuropei. Un vicolo stretto, quello in cui si è trovato ieri Bersani. Un po` la stessa situazione in cui si troverà questo pomeriggio, a Roma, alla ripresa dei colloqui con gli alleati e gli alleabili per le regionali del prossimo marzo. Un mezzo tour de force: dall`ora di pranzo vedrà, nell`ordine, i radicali Emma Bonino e Marco Pannella (al senato), il verde Angelo Bonelli (nella sede del Pd) e gli udc Ferdinando Casini e Lorenzo Cesa (a Montecitorio). Alcune posizioni di partenza fra i primi e gli ultimi sono drasticamente alternative - ma forse non necessariamente, se si iniziasse dal tema della riforma della giustizia ma le posizioni di arrivo, nelle eventuali alleanze su scala regionale potrebbero riservare qualche sorpresa. Lazio e Puglia, le due matasse più intricate di tutte. Nel Lazio del dopo Marrazzo, una parte del Pd ha fatto rimbalzare la candidatura di Emma Bonino a presidente. Bersani non ne è entusiasta, perché escluderebbe la possibilità di un`alleanza con l`Udc, architrave delle sue intenzioni. In realtà anche Bonino e Pannella, con sfumature diverse, l`hanno sostanzialmente - anche se non formalmente - esclusa. Ma l`Udc, in questa regione, sta pensando di correre sola. Ieri Casini lo ha ribadito, «salvo eccezioni per personalità significative». Tradotto: l`Udc si allea con il Pd dove il suo peso può essere determinante per la vittoria. Nel Lazio dato per perso, Enrico Gasbarra, il candidato voluto dai dalemiani, non sarebbe così «significativo». Ed ecco che Bobino per il Pd potrebbe diventare, in mancanza di alternative, l`unica «santa» cui appellarsi. Scontro diverso ma alla fine dello stesso tono anche in Puglia, dove il presidente uscente Nichi Vendola non ha alcuna intenzione di fare passi indietro. E l`Udc, pur disponibile all`alleanza con il centrosinistra, non ha alcuna intenzione di sostenere Vendola.

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