Pazza idea dei Radicali: espropriare la Sindone

Il Pd vuole espropriare la Chiesa del sacro telo che avvolse il corpo di Gesù? Lo si evince dall’interrogazione di due senatori democratici i quali pretendono che il ministro Bandi e il governo intendano appunto «riaffermare la proprietà dello Stato sulla Sindone».
DONO PRIVATO
È vero che i due firmatari sono i radicali Marco Perduca e Donatella Poretti, ma sono stati eletti nelle liste del Pd e appartengono al suo gruppo parlamentare. Inoltre siamo appena usciti da una campagna elettorale in cui la leader radicale Emma Bonino è stata la più importante candidata-governatore del Pd. Quindi non si può liquidarla come una trovata soltanto radicale.
Ma su quale base i due parlamentari avanzano quella pretesa sulla Sindone? È noto infatti che la più celebre reliquia della cristianità, che è appartenuta per secoli ai Savoia (per la precisione dal XV secolo) è stata donata al Papa da Umberto II di Savoia, ultimo re d’Italia, con il suo testamento (Umberto è morto in esilio nel 1983).
I parlamentari Pd però si rifanno a un parere del professor Francesco Margiotta Broglio - docente di diritto canonico e diritto ecclesiastico - secondo il quale dopo il 2 giugno 1946, data del referendum che abolii la monarchia, tutto ciò che apparteneva ai Savoia sarebbe dovuto passare automaticamente allo Stato italiano. L’idea è surreale perché la Sindone era chiarissimamente una proprietà privata della famiglia, non un bene pubblico dello Stato. Ed è surreale anche perché non si vede come e perché lo Stato italiano dovrebbe accampare tale pretesa su una reliquia che ha un valore esclusivamente spirituale per i credenti. Ma siccome è noto che le idee più assurde in Italia fanno carriera, sarebbe bene che il governo - tramite il ministro Bondi - intervenisse a confutare una volta per tutte queste idee. O a formalizzare il riconoscimento della donazione. A futura memoria. Personalmente ritengo che la tesi dell’interrogazione sia del tutto infondata. Anche perché la storia della Sindone non è cominciata certo nel 1946. Fu acquistata duemila anni fa da Giuseppe d’Arimatea e quindi appartenne subito ai seguaci di Gesù (di cui egli faceva parte) che l’hanno conservata per secoli, fra mille traversie ed e quindi ovvio che oggi sia stata restituita alla Chiesa.
Nel XIV secolo - a cause delle invasioni islamiche della Terra Santa - era finita nelle mani di Goffredo di Charny, che probabilmente l’aveva avuta per via templare. IL 20 giugno 1353 egli la donò ai canonici della collegiata di Lirey. Ma nel 1451 una sua discendente, Margherita di Charny se ne riappropriò, suscitando una lunga controversia con i religiosi, e la vendette nel 1453 ai duchi di Savoia che erano peraltro una piccola casata nobile francese: ci manca solo che ora sia lo stato francese ad avanzare anch’esso una pretesa sulla sindone (oltretutto è lo Stato francese che ha incamerato i beni dei templari).
Peraltro è interessante ricordare il tipo di rapporto che i Savoia hanno avuto con la Chiesa. Perché è istruttiva. Sebbene la dinastia torinese fosse cattolicissima (lo statuto albertino considerava quella cattolica come religione di Stato) e in barba al principio liberale "libera Chiesa in libero Stato", fin dagli anni Cinquanta del XIX secolo, tramite le leggi Siccardi, lo Stato Sabaudo provvide a finanziare le sue
guerre di conquista (o per l’unificazione d’Italia) tramite la confisca dei beni ecclesiastici. Monasteri, conventi, immobili, terreni, una confisca che divenne immensa con l’espansione piemontese e soprattutto con la presa di Roma.
RISARCIMENTO
Tutti questi beni della Chiesa hanno costituito praticamente la base finanziaria del Regno d’Italia e poi della Repubblica, tanto è vero che lo stesso presidente della repubblica italiana risiede tuttora in un palazzo che era da secoli una residenza del papa. Con il Concordato del 1929 lo Stato italiano stipulò con la Chiesa una pacificazione che comprendeva una parziale compensazione per tutte quelle confische. La Chiesa infatti senza di esse si sarebbe mantenuta perfettamente da sola. Non lo si sa, ma in Italia gran parte della basiliche e delle cattedrali sono ancora di proprietà dello Stato.
Il dono della Sindone da parte di Umberto nel 1983 - oltreché segno della sua fede personale - rappresenta anche una sorta di nobilissimo risarcimento morale e di pacificazione definitiva. Certamente sarebbe assurdo che un domani qualche governo - magari con dentro radicali e comunisti - accampasse
le pretese prospettate nell’interrogazione dei due senatori. Perfino nei Paesi ex comunisti, come la Russia, si sta procedendo alla restituzione alla Chiesa dei beni confiscati, ci manca solo che da noi si vada in senso contrario, all’indietro nel tempo, confiscando perfino una reliquia che Umberto II ha volontariamente donato alla Chiesa universale (dopo che lo Stato italiano ha incamerato così tanti beni dalla Chiesa). Un chiarimento è necessario.
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