Il pasticcio delle tasse

Dalla Rassegna stampa

Caro Presidente, quantomeno qui c`è un difetto di comunicazione. E non saprei chi ne sia il responsabile o i responsabili. Sta di fatto che alcuni giorni fa le è stata attribuita da tutti i media – compresi il Giornale e il Corriere della Sera – la volontà di abbassare le tasse, mediante una riforma fiscale che riduca a due le aliquote (23 e 33 per cento), entro il 2010. L`idea al momento ha suscitato in me due sentimenti contrapposti. Primo. Perplessità dovuta al fatto che il Pil, causa la crisi, è sceso nel 2009 di 5/6 punti e che, nello stesso periodo, il debito pubblico è salito per effetto dei provvedimenti a favore dei cassintegrati, dei disoccupati, dei meno abbienti. E il cespite fiscale ne ha sofferto. Allora mi sono domandato: con questi chiari di luna come si fa a ridurre le imposte dirette? Significherebbe accrescere il debito e rendere indispensabile un intervento compensativo sulle imposte indirette. Un casino. Secondo sentimento. Gioia. Perché in ogni caso una semplificazione dei meccanismi di prelievo dai redditi e un allentamento della pressione fiscale potrebbero essere la precondizione per rilanciare i commerci, la produzione e quindi l`economia cioè quanto necessario al superamento della crisi. Ecco perché nel dare la notizia (corredata da commenti e tabelle eccetera) della riforma imminente abbiamo usato termini e toni entusiastici: bene, il premier, nonostante le avversità, fa leva sul proprio ottimismo e fa quello che ogni governo vorrebbe fare senza riuscirci mai ovvero abbassare le tasse. Quanto alle mie perplessità iniziali, le ho accantonate in omaggio alla fiducia che nutro in lei. Ieri, accendo il televisore e la vedo in conferenza stampa. Mi fermo ad ascoltare e apprendo (o così mi sembra) che, data la congiuntura difficile sotto il profilo finanziario, non se ne parla neanche di alleggerire quest`anno le aliquote e che la riforma sarà sì studiata a puntino, ma entrerà in vigore quando i bilanci lo consentiranno. Stupito, e nel timore di aver udito o interpretato male, attendo la conferma dei colleghi romani e delle agenzie, che arriva puntuale e mi stende, kappaò. Sia chiaro. Comprendo perfettamente, caro Presidente, le ragioni che la inducono a soprassedere; in fondo, sono le stesse che mi erano frullate in testa quando lei aveva annunciato l`intenzione di limare i denti al fisco: i tempi non sono maturi. Ciò che invece non capisco è che bisogno c`era di parlare di tasse da ridimensionare, ingenerando la sensazione che il taglio fosse dietro l`angolo, e, dopo alcuni giorni, correggere il tiro deludendo le aspettative dei cittadini e, peggio, offrire il destro ai suoi detrattori (sempre troppi) per avviare una nuova polemica antiberlusconiana, come non bastassero le vecchie. Se è stato un errore, forse conviene dirlo. Capita a tutti di sbagliare. La gente sa che la politica è l`arte del possibile e che non sempre il presidente del Consiglio può fare oggi quello che desiderava fare ieri e che probabilmente non farà neppure domani. Occorre evitare di fornire agli avversari il pretesto di soffiare sul fuoco che ha già provocato tanti danni.

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