Passaggio Obbligato

Dalla Rassegna stampa

La lettera di Pierluigi Bersani a la Repubblica (26 agosto) è il primo atto di vera e propria «iniziativa politica» che il Pd, maggiore forza dell'opposizione in questo paese, abbia compiuto da diversi anni a questa parte. Perché innanzi tutto non rallegrarsene? Il mio compiacimento è anche in qualche modo personale. Nei due articoli che ho dedicato all'argomento sul manifesto, «Un governo di ricostruzione democratica» (8 agosto) e «Un altro governo è possibile (20 agosto), sono contenuti alcuni punti, che riportano al ragionamento di Bersani: l'idea, ad esempio, che per me è decisiva, e a quanto pare anche per lui, che bisogna mettere in atto un contemporaneo e contestuale movimento ideal-politico, che da una parte conduce ad una maggiore e più feconda unità delle forze di centro-sinistra (che Bersani, in maniera più o meno condivisibile, chiama il Nuovo Ulivo), e dall'altra a un più vasto e potenzialmente maggioritario schieramento di forze, non necessariamente tutte di sinistra o di centro-sinistra, in grado di battere o in parlamento o al voto, o in tutti e due, l'esecrando bubbone berlusconiano (che Bersani chiama «una alleanza democratica per una legislatura costituente»).
Naturalmente non dico questo per additare eventuali rapporti e intrecci, che farebbero solo male a Bersani, tenendo conto della mia cattiva fama, ma per segnalare che per una volta discorso intellettuale e discorso politico, invece di separarsi come al solito anni luce, si sono implicitamente confrontati e forse capiti.
Ora, se è vero quel che ammette Bersani, e cioè che «la proposta di alternativa soffre ancora di debolezze che devono essere rapidamente superate» e che c'è bisogno di elaborare «finalmente una idea di democrazia e di società», ossia «una proposta di sistema», dobbiamo riconoscere che il lavoro da fare è immenso (ancora una volta per quel che mi riguarda personalmente, ossia per quel che riguarda il mio principale impegno politico-culturale di questi ultimi anni, osservo fin d'ora che in nessuno dei rendiconti emergono, semplicemente emergono, i problemi relativi all'ambiente e al territorio italiani, che invece non possono non essere parte integrante della suddetta «prospettiva costituente»). Tuttavia, se l'intenzione è seria - e questo si vedrà presto nei prossimi mesi o addirittura settimane - non mancherà modo per ognuno di noi di dare il proprio contributo nel merito. Mi parrebbe più importante al momento fissare alcune opzioni procedurali, il cui rispetto condiziona tutto il resto.
La prima: non esiste alternativa a quella ora proposta. Se è così, bisogno concentrarsi con tutte le nostre forze su di essa, cercando, come ho già accennato, di conferirle la maggiore consistenza possibile (i governicchi non servono a nulla, anzi sono controproducenti). Abbandonano altre ipotesi più vistosamente democraticistiche, le quali potrebbero in questo momento soltanto frastornare, dividere e indebolire (sto parlando delle primarie? Sì, parlo delle primarie).
La seconda: se è vero che abbiamo a che fare con «una idea di democrazia e di società» e con «una proposta di sistema», come io spero che sia, e ci si chiede di conseguenza di contribuire a riempirle di contenuti politico-intellettuali nuovi e originali (e forse per noi anche inediti e insoliti), allora non solo il Nuovo Ulivo ma anche «l'alleanza democratica per una legislatura costituente» avranno bisogno di fare un gigantesco salto in avanti,-in termini di responsabilità politica e di prospettiva civile, rispetto al passato di ognuna delle forze che saranno chiamate accetteranno di parteciparvi. Di fronte. a questo immane compito di «ricostruzione democratica», nessuna esclusione, - l'ho già detto nei miei due articoli precedenti, - è ammissibile, ma ogni inclusione comporterà per il soggetto interessato uno sforzo di rinnovamento radicale. Terza opzione è una domanda: è possibile che la proposta di Bersani vada avanti, si consolidi, sia messa in grado di vincere e magari vinca, senza rimettere in discussione gli asfittici scenari sui quali la politica - i politici hanno recitato i loro riti durante questi anni - gli anni della crisi e della decadenza - e senza riaprire i canali che in un «sistema democratico» bene ordinato regolano i loro rapporti con il «resto del mondo» (economia, società, classi, ricerca, formazione, ambiente, territorio)? lo penso di no: l'autoreferenzialità della politica - e del politico - è l'ostacolo più grande sulla via del rinnovamento, E penso perciò che, se Bersani fa sul serio, non può rimandare questo problema «al dopo», lo deve affrontare contestualmente alla costruzione del nuovo progetto politico-istituzionale. Ma neanche questo percorso sarebbe impraticabile, solo che lo si voglia (ma a lungo, molto a lungo, non lo si è voluto: non lo si è più voluto).

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