Passa la norma anti-magistrati l'Anm: "È una intimidazione"

Dalla Rassegna stampa
«L'emendamento GhePini? È stato approvato». Sono le 18 quando il centrista Roberto Rao esce dalla commissione Giustizia di Montecitorio alzandole braccia in segno di resa. La maggioranza, col sostegno dei Radicali, ha votato la norma che Rao battezzata «GhePini», dai nomi di Gianluca Pini, leghista romagnolo, imprenditore nel settore alimentare e con studi all'istituto tecnico industriale, che ha firmato la nuova formula sulla responsabilità civile dei magistrati, e Niccolò Ghedini, l'avvocato di Berlusconi, che il centrosinistra ritiene regista dell'operazione. Lo dice la democratica Donatella Ferranti, che ha scoperto la norma e la sua portata «devastante» e ha cercato in ogni modo di contrastarla o almeno contenerla. Ora dice: «L'emendamento è dettato solo dalla volontà di intimidire la magistratura su cui Ghedini ha avuto un ruolo attivo». Il capogruppo del Pdl in commissione Enrico Costa nega: «Ricostruzioni inconsistenti. Questa modifica contenuta nella legge Comunitaria è stata una sorpresa per tutti noi, non ne sapevamo nulla, Ghedini compreso. Comunque andiamo al sodo: lo sapete quante richieste di risarcimento sono state presentate dall'88, anno della legge Vassalli, a oggi? Solo 400, di cui solo quattro riconosciute». La presidente della commissione Giustizia e responsabile Giustizia di Fli Giulia Bongiorno è durissima, forse come mai in passato: «Questa norma è illogica, ha solo un sapore punitivo e intimidatorio nei confronti dei magistrati. Una riforma serve, ce ne siamo occupati qui in commissione, ma ormai dovremo fermarci. Per questa via ci si limita solo a dilatare la responsabilità, senza mettere paletti e limiti. Si scatenerà il caos». Fuori, il presidente dell'Anm Luca Palamara attacca: «È un intervento episodico, contingente, dettato dalla volontà di intimidire i magistrati». Ma Costa, che pure ha negato la possibilità di dare la diretta della seduta scatenando la collera di opposizione e stampa, apre a modifiche: «Vedremo in aula, c'è una nostra disponibilità a confrontarci e a migliorare la norma». Altrettanto fa Pini per conto della Lega.

C'è la guerra e la querelle su Romano. La giustizia pare in sordina. E la maggioranza va avanti. Il relatore Maurizio Paniz ha ricevuto il mandato e da lunedì processo e prescrizione breve saranno in aula, per votarli in settimana e tentare l'ultimo sì al Senato ad aprile. Così a maggio Berlusconi si sarà scrollato di dosso il processo Mills. Sul conflitto per Ruby Fini ha rinviato la giunta per il regolamento a martedì, ma si è capito che non si opporrà al passaggio in aula, stimato per i primi giorni di aprile, in modo da avere il conflitto in Corte quando si apre il processo La sua linea è chiara: il caso Ruby è «un unicum» e per tale va trattato, superando la prassi. L'ufficio di presidenza, dove la maggioranza non hai numeri, non avrà l'ultima parola, che Fini terrà per sé. Ora, grazie a tre parole, ecco la nuova norma anti-giudici: invece che «per dolo o colpa grave» si potrà invocare la responsabilità civile «in violazione manifesta del diritto». Nella legge Comunitaria, in aula da lunedì, il leghista Pini sintetizza una procedura d'infrazione della Ue contro una nostra legge troppo morbida in tema di risarcimenti.

A dire che si tratta «di un anticipo della riforma Alfano» è il sottosegretario alla Giustizia Elisabetta Alberti Casellati. Che, in commissione, asseconda il parere positivo sulla norma. Per il Pd Jean Leonard Touadi «è una porcata», per il centrista Pierluigi Mantini «ormai si va di puttanata in puttanata». Pure il suo capo Casini va giù pesante e parla di «una strafurberia rispetto alla furberia del processo breve». Dilaga la collera. «È golpe» protesta l'Idv Federico Palomba, un ex toga. La Ferranti ricorda che «perfino l'avvocato generale dello Stato Caramazza, quando ha difeso l'Italia in Europa, non ha mai sollecitato la necessità di una nuova legge». Questa, comunque, creerà problemi al bilancio. Ne è certo Rao, che ne chiede conto a Tremonti, e il finiano Nino Lo Presti, componente proprio della commissione Bilancio, che invita a fare i conti e a «fulminare questa sciagurata proposta per cui nessun magistrato deciderà più serenamente una causa». È la preoccupazione della Pd Anna Rossomando: «Così la giurisprudenza si ferma. Per paura, ognuno si coprirà con una decisione già presa. Sarà la paralisi del diritto».

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