Partiti lamentosi esigono par condicio

Dalla Rassegna stampa

Ma come sono incontentabili, i partiti. Hanno una tv pubblica da lottizzare, in barba a un referendum. Incassano un sacco di soldi pubblici per finanziarsi, in barba a un altro referendum. E invece si lamentano, fanno i piagnistei, protestano con la dirigenza Rai perché si sentono esclusi, poverini. Mica non utilizzano i fondi pubblici chiamati ipocritamente «rimborsi», riserve finanziare molto maggiori dei soldi effettivamente spesi, senza controlli, senza rendiconti, senza giustificazioni, scontrini, ricevute, fatture. Hanno tutto, ma appena non compaiono in tv agitano il bavaglio: quello non deve andare nella trasmissione di intrattenimento, quell'altro non deve fare l'intervista, quell'altro ancora non deve partecipare al talk-show. Sono pieni di soldi e di propaganda gratuita. E si lamentano anche. Ingrati e ingordi. Una legge liberale dovrebbe semplicemente abolirla, la museruola ipocrita della par condicio. Ipocrita perché non sarà mai veramente «par» e i piccoli partiti non avranno mai lo stesso spazio di quelli più grandi e già consacrati da una presenza parlamentare. Basterebbe un regolamento intelligente e la reintroduzione delle tribune politiche, come una volta. Fanno i pauperisti e vietano anche gli spot promozionali: invece di case e cene con ostriche potrebbero pagarsi gli spot, invece di vietarli. E mica li hanno vietati per Berlusconi. No, li vietarono dopo che con una geniale campagna di stop, i Radicali con la Bonino presero molti voti. Troppo faticoso raccogliere fondi e concepire una campagna migliore, decisero che era più comodo abolire gli spot e l'intelligenza. Basterebbe rispettare la volontà popolare e smetterla di considerare la Rai pascolo per i partiti che non vogliono perdere clientele nelle strutture pubbliche. Basterebbe riflettere sull'ingiustizia di un balzello anacronistico come il canone Rai, che nell'epoca di Internet e degli smartphone è una gabella medievale che altera la concorrenza, e perpetua una tassa odiosa che gli italiani sono costretti a pagare. Basterebbe pensare che all'informazione fa meglio il mercato dello Stato, che le grandi capacità che vivono nella Rai potrebbero sprigionarsi più liberamente se non fossero asfissiate dalla voracità dei partiti che non rinunciano a un millimetro del loro potere. Basterebbe rispettare nuovamente la volontà popolare e dire ai partiti che il finanziamento pubblico è una sottrazione di risorse pubbliche e che in America Obama ha vinto con una campagna grandiosa di fund-raising. Certo, bisogna faticare. Certo, bisognerebbe evitare di farsi i regali di leggi regionali che aumentano a dismisura i finanziamenti. Certo, bisognerebbe riscoprire il valore della militanza che si autofinanzia e smetterla con le megaburocrazie che si autoalimentano con i soldi di tutti. Certo, bisognerebbe essere un Paese più liberale e più meritocratico. Ma di questo non si parlerà in campagna elettorale. Meglio i lamenti sulla par condicio violata.

 

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