C'è sempre una legge «senza la quale»...

Ora che la «Legge Reale» è inopinatamente tornata di moda, fanno impressione gli argomenti adoperati nel 1978 da molti dirigenti del Pci, pur inizialmente contrari, per screditare i promotori (Radicali in primis) del referendum che la voleva abrogare. Senza quella legge, tuonava Paolo Bufalini, «sarebbero in libertà Vallanzasca e Concutelli». Senza quella legge, si indignava l'Unità, libertà anche per gli assassini del Circeo. È sempre così, c'è sempre una legge senza la quale i criminali scorrazzerebbero indisturbati, i delinquenti festeggerebbero la loro impunità, i malfattori brinderebbero alla faccia degli onesti.
Solo che se lo stesso argomento si applica sempre a leggi diverse, qualcosa è destinato a non quadrare. Ora si dice che con qualunque limite alle intercettazioni, gli inquirenti non potrebbero più indagare, non disporrebbero degli strumenti per bloccare i criminali e i giornalisti, che amano la pappa fatta e, come si dice in gergo ciclistico, succhiano la ruota di chi tira la volata, non potrebbero più raccontare le nefandezze del potere. Ieri, quando ancora non erano stati scoperti i telefonini e nonostante questo inammissibile ritardo tecnologico funzionale all'onnipotenza della criminalità durata alcuni secoli se non millenni, il capitolo delle intercettazioni non era ancora di bruciante attualità, e il monopolio del controllo delle vite altrui veniva delegato ai lungimiranti precursori inquadrati nella Stasi. Ma l'argomento «senza questa legge, i criminali avrebbero la strada spianata» si è di volta in volta applicato ad altre norme. A chi per esempio pretendeva, onde evitare abusi, che la legge sui pentiti dovesse essere adeguata agli standard di un Paese normalmente civile e ispirato ai pur obsoleti principi dello Stato di diritto (stabilire un limite alle comode rate con cui i pentiti decidevano di centellinare le loro preziose accuse; cercare qualche sia pur labile riscontro alle loro dichiarazioni), si rispondeva con severa prontezza: «Senza questa legge, non si potrebbe combattere la mafia». A chi, nel terremoto di Tangentopoli, temeva che i magistrati potessero abusare dello strumento della custodia cautelare come indebita pressione sugli, indagati affinché questi ultimi esternassero con più scioltezza negli interrogatori, e quindi pretendeva canoni più rigorosi per la somministrazione massiccia di carcerazione preventiva, si replicava con arcigna determinazione: «Senza questa legge, non si potrebbe combattere la corruzione».
Chissà, forse è vero che senza la Legge Reale, Vallanzasca sarebbe stato libero. Che senza il pentito che aveva descritto il bacio tra Riina e Andreotti la mafia l'avrebbe avuta vinta e che senza il carcere per tutti gli indagati i tangentisti avrebbero trionfato. Ora è il turno delle tonnellate di intercettazioni da pubblicare. Scommesse sul nome della prossima legge «senza la quale»?
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