Partecipate, è allarme trasparenza

Dalla Rassegna stampa

Compensi, atti, dichiarazioni: molti enti non pubblicano on line i dati come impone la legge

 

Compensi, dichiarazioni dei redditi, curriculum, nomine, dichiarazioni di non incompatibilità, dimensione della partecipazione e dei contributi pubblici: sono tantissimi i documenti che la legge sull’amministrazione trasparente impone di pubblicare su Internet a tutti gli enti pubblici, alle partecipate e alle società in cui le istituzioni hanno potere di nomina. Altrimenti, è previsto il blocco delle erogazioni pubbliche, come successo alla Fondazione per il Libro la Musica e la Cultura, che non si è messa in regola: la Regione Piemonte ha applicato alla lettera le disposizioni. Ma la Fondazione non è un caso isolato. Al contrario: basta navigare tra i siti degli enti individuati dalla legge, per scoprire che moltissimi, a due anni dal decreto, on line hanno pubblicato poco o nulla di quello che dovrebbero.  

Gli obblighi

L’obiettivo della legge è garantire il controllo sull’uso delle risorse pubbliche. Gli obblighi sono innumerevoli e fiscali. Già dal primo: mettere il link «amministrazione trasparente» nell’home page dei siti. E si deve scrivere proprio «amministrazione trasparente», non vanno bene i sinonimi (che però si trovano) come «trasparenza» o «società trasparente»: questo, per favorire l’indicizzazione sui motori di ricerca. Da lì, si dovrebbe avere accesso a una serie di «scatole» che contengono le informazioni, a partire dagli organigrammi e dai compensi percepiti dagli amministratori.  

Inadempienti illustri

Sul sito del Governo c’è un motore di ricerca (magellanopa.it) per verificare chi si è adeguato e chi no. Si chiama «bussola della trasparenza»: si inserisce l’indirizzo web dell’ente e appaiono le pagelle, con faccine verdi o rosse accanto alle caselle da riempire. Sono tutte rosse quelle del sito fondazionelibro.it. Ma la stessa desolante valutazione ce l’hanno altri enti e società «illustri», come Sagat (areoportoditorino.it), Finpiemonte partecipazioni, Amiat, Gtt, Iren, per citarne alcuni. Va detto che il sistema non è infallibile: a volte alcune informazioni ci sono, ma non sono pubblicate in maniera corretta - e quindi non vengono trovate. Ma anche questa è una violazione, perché la legge impone chiarezza e facilità di accesso e non quel frequente dedalo di link che contengono altri link che a loro volta rimandano a documenti da scaricare in formato pdf o excel (anche quelli a volte ai limiti della leggibilità). Alla faccia della trasparenza.  

Un caso modello

Per chiedere conto degli inadempimenti Amiat e Gtt, i consiglieri comunali Silvio Viale e Vittorio Bertola hanno presentato un’interpellanza in Comune. E la Regione Piemonte ha iniziato da tempo a fare le verifiche sulle sue partecipate, «minacciando» il blocco dei fondi. Ha indicato anche un modello da seguire: quello dell’Ipla, Istituto per le piante da legno e l’ambiente. L’amministratore unico Igor Boni, nominato la scorsa estate, ha applicato la legge alla lettera. E ha quindi pubblicato la dichiarazione dei redditi sua e dei parenti fino al secondo grado - c’è pure quella della nonna. Anche qui, è la legge che lo impone: i parenti sono liberi di rifiutarsi, ma bisogna informare del consenso negato. Oltre ai compensi, Boni pubblica i rimborsi spese (trasferte, pasti, benzina). Non lo fa quasi nessuno, lui lo fa mensilmente: «È un ottimo deterrente - spiega - che eviterebbe gli eccessi. Se sai che tutti possono controllare mese per mese, fai più attenzione alle spese». Un metodo che forse avrebbe evitato i 90 mila euro messi a rimborso in un anno dal presidente dell’Acsel, la società pubblica che gestisce il ciclo rifiuti in Valsusa. Chiamato a rendere conto, il presidente Zandonatti ha prima restituito circa la metà dei rimborsi (non giustificati), poi, scoppiata la polemica, si è dimesso.

 

 

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