Le parole del ministro dettate dalla fretta

Dalla Rassegna stampa

L’atteggiamento del governo italiano nella vicenda Emergency è assai sorprendente. Quello che è balzato subito agli occhi è stata la presa di distanza del ministro Frattini dall’ organizzazione fondata da Gino Strada. Sin dalle prime dichiarazioni, il titolare degli Esteri ha dato l’impressione di guardare più all’esigenza di non turbare i rapporti con Kabul e con le altre forze della coalizione che a quella di chiedere chiarimenti al governo Karzai e di offrire protezione ai tre concittadini fermati dai servizi di Kabul. Cosa che ogni governo ha il dovere di fare. Tanto più quando si può dubitare che le accuse rivolte
agli operatori sanitari di Laskar Gah possano essere fondate e sapendo che, in un contesto come quello afgano, le indagini non avvengono certo con le garanzie tipiche dello Stato di diritto.
E’ invece scattato una sorta di riflesso ideologico pavloviano, quasi che l’accaduto desse finalmente l’occasione per liberarsi di una presenza scomoda, invisa a molti dentro e fuori i patri confini. Impressione rafforzata dalle esplicite critiche rivolte a Emergency prima da un sottosegretario della
Farnesina, secondo cui l’organizzazione «fa troppa politica», poi da altri esponenti della maggioranza.
Ma nel caso specifico quello che conta non è se Emergency sia gradita o meno al governo ma se alcuni suoi membri siano coinvolti in una gravissima vicenda di terrorismo. L’esplodere della polemica sulla
presunta confessione ha poi indotto il ministro a una forzata retromarcia su Facebook e a precisare che l’Italia non ha abbandonato i suoi concittadini, Forse un po’ di prudenza prima non avrebbe guastato.

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