A Parma Grillo grilleggia, mentre il sindaco Pizzarotti è costretto al realismo

Dalla Rassegna stampa

L’ultima volta che Beppe Grillo si era appalesato a Parma per il Dies Iren contro l’inceneritore era stato inequivocabilmente un flop. Non questa volta, sull’onda lunga dello tsunami tour e del bel tempo (sabato, a Bologna, per dire, era andata decisamente peggio). A Parma, la Stalingrado dei Cinque Stelle, il comico guru ha trovato questa volta ad accoglierlo una piazza Garibaldi semipiena. Impossibile dire quanto per adesione politica o quanto per assistere allo show, al quale in ogni caso il Nostro non si è sottratto, tirando fuori il consueto armamentario dialettico (Monti «esorcista», Bersani «Gargamella», Berlusconi, ovviamente, venditore di pentole).
Ma la piazza c’era, e non è un dettaglio da poco, essendo Parma l’unico grande centro conquistato da M5S, un paradigma del grillismo di governo. Incarnato però da un grillino tutto sommato sui generis, il sindaco Federico Pizzarotti: indubitabilmente non dissidente come Salzi e Favia (con il quale è da sempre in ottimi rapporti, a dispetto del successivo approdo ai lidi ingroiani) ma a suo modo attento a evitare l’appiattimento. Andando in tv, a dispetto dei diktat di Grillo o difendendo i dissidenti, sempre in tv. Domenica, per esempio, ha accompagnato il leader, ma è rimasto in disparte. Motivazione ufficiale: il ruolo istituzionale.
Quello di Parma è un grillismo e volato sull’onda della malagestione precedente, delle inchieste. E di proposte roboanti (come l’opposizione all’inceneritore), che hanno dovuto subire la prova del governo, la quale di solito non lascia molti spiragli alla demagogia. Una lezione che Pizzarotti non può eludere, fra alti e bassi, fra misure che strizzano l’occhio al consenso e falsi movimenti. Dopo aver impiegato 46 giorni a formare la giunta, il sindaco di Parma ha tagliato le auto blu e bloccato i biglietti gratis per le autorità al teatro Regio. Si muove in bicicletta, fuori da ufficialità poco empatiche. Ma sulla rinegoziazione del debito – uno dei cavalli di battaglia della campagna elettorale – ha dovuto bloccarsi (perché il nodo non sono tanto le banche, quanto i rapporti con i fornitori). Ed essendo la situazione finanziaria di Parma quella che è (oltre 600 milioni di euro di debito) e i trasferimenti dallo stato ridotti, Pizzarotti, che aveva promesso di ridurre l’Imu sulla prima casa, ha mantenuto invece una tariffa fra le più alte. Anche sui servizi, come gli asili, tant’è che proprio su quello Grillo è stato contestato in piazza Garibaldi.
Il vero banco di prova, ora, è l’inceneritore, che si era detto non sarebbe mai partito e che invece entro qualche mese partirà, anche per una catena di penali che graverebbero sull’amministrazione in caso contrario. Al posto di Angelo Buzzi, presidente di Iren Emilia (la società multiutility che si occupa della raccolta rifiuti), coinvolto nell’inchiesta della procura di Parma Public Money, Pizzarotti ha indicato Raphael Rossi, esperto di raccolta differenziata già alla guida, per volontà di de Magistris, dell’omologa azienda napoletana, l’Asia spa. Avrà un asso nella manica? In ogni caso, perché il grillismo di governo dia l’idea di suscitare consenso, a Parma Cinque Stelle dovrà attestarsi ben oltre il 15% nazionale.

 

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