Parlamento immobile e veleni nell’aria
Governo e maggioranza non intendono riportare i valori di benzo(a)pirene entro limiti che tutelino la salute. E da ottobre che con il collega Alessandro Bratti del Pd chiediamo di ripristinare la normativa stravolta dal decreto 155 di luglio 2010 denominato beffardamente per "un’aria più pulita. Abbiamo presentato una risoluzione in Commissione ambiente e promosso audizioni. Se da un lato le audizioni sono state praticamente disertate dai parlamentari della maggioranza, dall’altro il Governo ha imposto una serie di rinvii per evitare il voto. È successo anche ieri con l’aggravante di veder avanzare una proposta del Governo, poi fatta propria dalla maggioranza, che liquida la vicenda senza far assumere alcun impegno al Governo. Stiamo parlando di una sostanza altamente cancerogena per la quale esisteva l’obbligo di non sforare il valore di 1 nanogrammo (miliardesimo di grammo) a metro cubo. PeaceLink, le associazioni di pediatri e la Società Chimica Italiana hanno spiegato cosa significa per un bambino respirare un nanogrammo di benzo(a)pirene a metro cubo. Equivale a fumare oltre 750 sigarette all’anno.
Se poi si considera che il benzo(a)pirene è sempre associato ad altri cancerogeni, si arriva a un impatto di 2.750 sigarette annue. È un problema che attanaglia l’Italia da Trieste a Taranto. I dati sono impressionanti. A Servola. rione storico della città di Trieste, le medie annue del benzo(a)pirene sono veramente preoccupanti 5,6 ng/m3 nel 2008; 4,9 ng/m3 nel 2009. Nei primi sei mesi del 2010 il crescendo è spaventoso: 3.9 ng/m3 a gennaio; 2.9 ng/m3 a febbraio; 4,4 ng/m3 a marzo; 11, 2 ng/m3 ad aprile; 16,3 ng/m3 a maggio; 20,1 ng/m3 a giugno. A Taranto in via Machiavelli, nel tristemente noto quartiere Tamburri vicino all’Ilva, l’Arpa Puglia ha rilevato nel 2010: 3 ng/m3 a gennaio; 3.29 ng/m3 a febbraio; 3,11 ng/m3 a marzo; 4,05 ng/m3 ad aprile; 1,6 ng/m3 a maggio; 0.99 a giugno. Il citato decreto 155/2010 ha preso a pretesto il recepimento di una direttiva europea del 2008 su certe sostanze inquinanti per allentare impropriamente i vincoli all’immissione di benzo(a)pirene oggetto di una direttiva del 2004. È sulla base di questo provvedimento che il Tar Puglia ha accolto il ricorso dell’Ilva contro l’ordinanza del sindaco di Taranto che imponeva un rientro entro 30 giorni nei limiti di un nanogrammo/metrocubo di benzo(a)pi rene. L’Ilva ha presentato una relazione dal titolo “Interventi adottati per la riduzione delle emissioni di benzo(a)pirene dalla cokeria dell’Ilva di Taranto”, che stima nel 50% la riduzione delle emissioni. Ma è la stessa Arpa Puglia a voler conoscere in dettaglio il metodo seguito per arrivare a tale percentuale visto che non è esplicito nella relazione. In Basilicata, poi, il benzo(a)pirene non risulta monitorato, nemmeno nella Val d’Agri, dove le esalazioni petrolifere hanno un impatto certo. In un paese in cui l’assenza di democrazia va di pari passo con l’assenza di informazione e trasparenza dei dati ambientali, come chiede invece la Convenzione di Arhus, resta la via dei ricorsi sovranazionali, come quello che lo scorso mese di novembre ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia europea per il mancato rispetto delle norme in tema di qualità dell’aria da polveri sottili. Ma s’impone ormai anche una riflessione sulla necessità di dismettere e riconvertire un apparato produttivo che mi pare non abbia più ragion d’essere.
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