"Il Papa ci chieda scusa"

Dalla Rassegna stampa

"E' tutto molto triste: anch'io ho un figlio che fa il chierichetto e sono turbato da quello che sta emergendo". Ralf Berger esce a passi lenti dalla Chiesa di St. Oswald a Traunstein. E' qui che, l'8 luglio 1951, Joseph Ratzinger celebrò la sua prima messa. Ed è qui che i «suoi» fedeli provano a prendere le difese di quel loro prete diventato Papa che oggi viene accusato da più parti di aver taciuto troppo a lungo sullo scandalo dei preti pedofili in Germania. «Deluso dal Santo Padre? No, sono arrabbiato con la Chiesa che ha sempre cercato di nascondere questi crimini, ma non col Papa: se finora non si è pronunciato è perché è rimasto lui stesso scioccato da questo scandalo», spiega Berger.

Traunstein, l'orgoglio perduto
Vista da qui, da quella Traustein che Benedetto XVI ha sempre definito la sua «vera» città natale, la Germania sembra divisa a metà. Non più il Paese che nel 2005, quando Joseph Ratzinger fu eletto successore di Giovanni Paolo II, gridò compatta e orgogliosa dalle colonne della Bild «Wir sind Papst», «Noi siamo Papa». Ma un Paese confuso, disorientato dall'ondata ormai quotidiana delle denunce di abusi in scuole o convitti cattolici, un Paese che guarda al suo Papa e si divide. C'è la Germania delle associazioni cattoliche di base e dei politici Csu che chiedono un intervento rapido del pontefice. E c'è una Germania che condanna sì gli abusi, che
mette sì in discussione il celibato, ma che prova come può a prendere le difese del Papa. E una Germania che trovi a Marktl (la città in cui è nato), a Traunstein (quella in cui è cresciuto), ma anche a Monaco (dove è stato arcivescovo), tre città profondamente legate a Joseph Ratzinger.
Traunstein ieri mattina era avvolta in una morsa di gelo. Davanti alla Chiesa di St. Oswald cumuli di neve circondano il busto di Benedetto XVI. «Non sono deluso da lui: indipendentemente da quello che avrebbe detto, le sue parole sarebbero state rigirate a suo svantaggio - spiega Christian Abler, giovane impiegato di banca -. Mi aspetto però una richiesta ufficiale di scuse proveniente dai livelli più alti, dal Papa o da altri». «Non mi ha deluso, però l'importante è che, quando interverrà, non si limiti a parlare, ma faccia anche qualcosa di concreto» concorda Valentina Clement. Molti preferiscono allargare il discorso: «Questo problema non ci sarebbe se i preti avessero la possibilità di sposarsi», lamenta Ute Wiblishauser.

St Michael, il seminario
Per capire quanto lo scandalo stia rendendo incerto il mondo cattolico, anche bavarese, bisogna però lasciare il centro città e inerpicarsi sulla salita coperta di neve che porta al seminario di St. Michael, un enorme complesso in cui Joseph Ratzinger studiò dal 1939 al 1946. Il direttore precisa subito di non poter parlare senza l'autorizzazione dell'arcidiocesi di Monaco. Poi però, per un riflesso quasi naturale in questi giorni, precisa: «Qui da noi non c`è stata nessuna denuncia».
Maktl, il punto di partenza
Marktl ieri era un paesino semideserto. Sulla Marktplatz, la piazza su cui sorge la casa natale di Benedetto XVI, una panetteria ha affisso sula vetrina d'ingresso il manifesto del concerto a Marktl, il 18 aprile, dei Regenbsburger Domspatzen (il coro che è stato diretto per trent'anni dal
fratello del papa, Georg, e che ora è investito da accuse di maltrattamenti e abusi). Proprio accanto, un adesivo bianco: «Attivi contro gli abusi sui bambini». Dice il pensionato Max Gander: «Il problema è che la Germania è troppo critica: il Papa si è già espresso su quanto successo in America o in Irlanda». In molti, qui, credono che il Pontefice non debba chiedere personalmente scusa per lo scandalo pedofilia. Le voci critiche, però, non mancano: «Il rapporto di fiducia verso la Chiesa s'è ormai rotto: dovrebbe pronunciare delle parole molto precise», sostiene Alexandra Engi.

Monaco, la roccaforte
«Il Papa sta facendo bene a prendere tempo, prima vuole studiare il tutto in modo approfondito; e poi perché mai dovrebbe scusarsi?». Inge Stadler ha fretta: la messa delle 17.30 nella Frauenkirche, la cattedrale di Monaco, è già iniziata da alcuni minuti e lei, un'anziana signora avvolta in un pesante cappotto grigio, è arrivata in ritardo. «Tutta questa vicenda degli abusi è una porcheria dei media: io stessa sono stata in convitto, ho un fratello che è stato nel coro dei Regensburger Domspatzen, un conoscente era a Ettal e non possiamo che parlarne bene». Qui sono in molti a pensarla come lei. «Certo che il Pontefice parlerà, ma non adesso, prima vuol ponderare bene le parole - dice convinta un'altra signora -. Sa, è un brav'uomo: io continuo ad andare a messa, l'importante ora è restare uniti».

I fedeli tra fedeltà e sgomento
C'è, infine, un'altra Germania. E' quella che, silenziosamente, ha iniziato a voltare le spalle alla Chiesa cattolica. «Ho già pensato se non sia il caso di lasciare la Chiesa - confida una signora per le strade di Traunstein -. Per ora, però, resto: sono credente».

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