Pannella innovatore irregolare

Dalla Rassegna stampa

L’altra sera, vedendo in Vieni via con noi Beppino Englaro e Mina Welby, mi sono ricordato dell’interrogativo che Valter Vecellio, giornalista radicale del Tg2 e radicalmente appassionato, mette in fondo al suo libro Marco Pannella biografia di un irregolare (Rubettino, 290 pagine,18 euro): se il leader radicale abbia eredi. Risponde no, non ce ne sono e Marco non ne cerca. Nemmeno Emma Bonino - dice - può ambire a raccoglierne lo scettro. E richiama la vicenda di altri piccoli partiti laici guidati da grandi leader, e si chiede cosa sia rimasto del partito repubblicano senza Ugo La Malfa, dei socialdemocratici senza Giuseppe Saragat, del partito liberale senza Giovanni Malagodi.
 Il richiamo è suggestivo ma non pertinente: quei partiti morirono nella peste di Tangentopoli per esaurimento della funzione: lo stesso Benedetto Croce, quando parlava del partito nel quale ci incontrammo ragazzi io e Marco, profetizzava con chirurgica freddezza che, quando i principi libe-rali fossero stati accolti da tutti i partiti, non ci sarebbe stato più bisogno di un partito liberale. Ma, come si vede a occhio nudo, i partiti in Italia sono tutto fuorché liberali, compresi quelli che tali si autodefiniscono (anzi sono i peggiori, perché si appropriano di un termine nobile: almeno gli altri non hanno negato o non negano di essere demosocialisti, clericali, postfascisti, populisti). E anzi questa truffa linguistica è uno dei caratteri del sessantennio repubblicano, vero protagonista - scrive Pier Paolo Segneri sul Secolo d’Italia - di questo libro, nel quale Marco Pannella è soprattutto il Virgilio che accompagna Vecellio nel viaggio tra i gironi infernali. E anche nelle aspettative del purgatorio, che hanno permesso agli abitatori di fare qualche passo verso l’alto perché ci sono stati Marco Pannella e i suoi irregolari. Englaro e Welby sono le più recenti immagini dell’ascensione verso la modernità, che è cominciata con le riforme civili e i referendum degli anni Settanta, e che continua oggi fra tubi, provette, pillole, e codici e giustizia, che la scienza e il sentimento liberale mettono a disposizione degli uomini e delle donne, per renderli liberi: anche di nascere e di morire. Insomma, anche se fatto a pezzi (metaforicamente) come Ipazia, "l’eroina della laicità pagana" di cui Silvia Ronchey ci dà la "vera storia", anticipata su La Stampa, a me sembra che l’opera di Marco, caro Vecellio, continuerà nel tempo, poiché il leader radicale, violando i divieti, ha spinto "irregolarmente" il convoglio sul binario del progresso. E il binario non può arrestarsi nel vuoto senza che il convoglio precipiti.

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