Le pagelle a vincitori e vinti (non solo politici)

Dalla Rassegna stampa

 

Dal segretario del Pd Pier Luigi Bersani, modello di temperanza in una campagna elettorale surriscaldata, ma sconfitto, al premier Silvio Berlusconi, capace di girare a suo favore una campagna elettorale nata sotto i peggiori auspici, tutti i voti ai protagonisti delle Regionali 2010. I primi della classe: Roberto Cota, Nichi Vendola e Berlusconi. Tre bocciati: Bersani, Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini.

Pierluigi Bersani – Molto leale con tutti. Forse troppo
Prima mossa da neosegretario del Pd, si lascia dalemianamente convincere a mettere su il «laboratorio Puglia»: dentro l’Udc e fuori Vendola. Autogol. Un po’ tentennando, si fa imporre la Bonino nel Lazio, salvo poi appoggiarla con signorile lealtà. Offre un ammirevole modello di temperanza in una campagna elettorale surriscaldata, allo spasimo. Sul palco di piazza del Popolo a Roma riesuma inopinatamente lo spettro dell’Unione. Regala una photo-opportunity al Di Pietro che vampirizza i voti dei Pd, oramai partito territoriale delle regioni rosse. Per il segretario, quasi un ritorno alle origini.

Pierferdinando Casini – Se i bipolari piacciono più dei variabili
Spende molte e loquaci energie per le sue alleanze variabili e multiformi. Può rivendicare il suo apporto determinante in Liguria (con la sinistra) e nel Lazio (con la destra). Ma appare irrilevante in Campania e Calabria (senza parlare della Puglia, il teatro di un grande pasticcio). E in Piemonte perde nel fronte comune anti-Lega, attirandosi pure le rimostranze della Chiesa spaventata dalla laicista Mercedes Bresso. Fa l’anti-Bossi, ma Bossi stravince. Spara a zero sulbipolarismo malato. Tuttavia gli italiani non sembrano poi così scontenti del gioco bipolare.

 

Roberto Cota – Mao insegna, la vittoria parte da Cuneo
Trasferisce il vento del Nord-Est in direzione Nord-Ovest. Nella Torino metropolitana non sfonda, ma a conti fatti applica alla lettera le istruzioni guerrigliere di Mao sulla campagne (da Cuneo a Novara) che assediano le città. Convince i moderati piemontesi che la Lega ha una faccia composta, e non solo quella esagitata del corregionale Borghezio. Pupillo di Bossi, è il simbolo della nuova classe dirigente padana. Sempre che non si lasci trascinare dallo spirito di conquista che ha contagiato le tifoserie imbandierate del Carroccio, già sovreccitate appena,è stata ufficializzata la vittoria.

 

Michele Santoro – Viva lo show (fuoco amico compreso)
A forza di editti berlusconiani, si ritaglia con consumata maestria il ruolo di antagonista numero uno del premier, che lo vuole imbavagliare a tutti i costi. Elude i divieti, allestendo con «Raiperunanotte» alla vigilia del voto una grande kermesse martirologica che galvanizza sì il popolo della sinistra, però galvanizza anche, per reazione, il popolo della destra. Indifferente al destino generale della coalizione di centrosinistra, suona la grancassa giustizialista che pervade gli umori profondi dell’antiberlusconismo da almeno unquindicennio, anche se imbocca sentieri laterali, destinazione casa Grillo.

Angelo Bagnasco – Risultati ok, ma gli strappi costano
La duplice sconfitta della Bonino e della Bresso sembra confermare l’efficacia dell’appello anti-aborto dei giorni precedenti. Ora però il presidente della Cei dovrà attutire i prevedibili contraccolpi di una scelta così eloquentemente interpretata dai titoli dei principali giornali della destra: «I vescovi stanno con Silvio». Non essendoci la Dc, è difficile quantificare, con esattezza, quanti voti cattolici (le staliniane «divisioni del Papa») si ispirino direttamente alle istruzioni ecclesiastiche. Ma non sarà facile riallacciare i rapporti con una sinistra che non s’aspettava un colpo tanto crudele proprio nella vigilia elettorale.

Nichi Vendola – Ha imposto il suo stile: sarà leader?
Ha scatenato il popolo della sinistra pugliese quando dal centro volevano imporre il diktat di un cervellotico «laboratorio». Ha stravinto le primarie. Ha solleticato l’autolesionismo della destra locale che presuntuosamente si è presentata divisa. Ha attraversato indenne il fuoco dell’offensiva giudiziaria che stava mettendo in ginocchio la sua giunta. Ha imposto il suo stile affabulatorio e magniloquente, alimentando addirittura il sogno di un leader adatto a tutto il centrosinistra nazionale per i prossimi (ma lontani) cimenti elettorali. Vincitore recidivo.

Gianfranco Fini - Ora pensare a che fare (futuro)
Il «grande assente» che ha disertato l’adunata di piazza San Giovanni mette a segno due governatori considerati della sua «area»: Polverini e Scopelliti in Calabria. Ha rotto il tabù dell’unanimismo ecumenico in campagna elettorale, distinguendosi con pignoleria da ogni sortita berlusconiana, quasi a urne aperte. Ha alimentato (o le ha subite?) le dicerie sul suo ruolo futuro: rompere o non rompere? Il trionfo della Lega e quello del premier rendono più complicata, o forse quasi impossibile, la sua impresa. Al governo del fare, deve rispondere agli interrogativi sul suo che fare (futuro). ‘

Emma Bonino – Combattente abbattuta in provincia
Aveva conquistato scena con uno sciopero della sete, prologo drammatico prima del gran tonfo della lista romana del Pdl.. Poi ha oscillato nel doppio ruolo di leader radicale (in condominio con un irrequieto Pannella) e di candidato di una composita coalizione. Poi ha scelto con più decisione la seconda mansione. A Roma non ha turbato il voto cattolico, in provincia evidentemente sì. ma potrebbe essere un
Ora dovrà saper spendere un risultato lusinghiero in un’alleanza che non potrà essere ripudiata per un pugno di voti mancanti. Altrimenti sarà vero psicodramma.

Roberto Formigoni - Cambia look l’alba nuova lui gongola fa il disinvolto e resiste solitario
Ha cominciato la campagna elettorale con una pessima figura, quella della lista funestata dai timbri, ma ne è uscito con disinvoltura. Non è piaciuta nemmeno la danza con Letizia Moratti, che gli scommettitori seriali della fine del berlusconismo hanno incautamente letto come il ballo sul Titanic. Invece ha vinto ancora lui. Forse davvero l’ultimo mandato alla Regione Lombardia. Postazione di forza e di potere nella gran battaglia per la successione che prima o poi (forse più poi che prima) divamperà nel centrodestra. Intanto ha cambiato ancora look.

Silvio Berlusconi – L’alba nuova del cavaliere solitario
Gira già la battuta un po’ cinica: tutti a parlare di crepuscolo del berlusconismo, ma sappiate che non è ancóra spuntata nemmeno la sua alba. Battuta scaramantica a destra, disperata a sinistra. Ancora una volta il cavaliere solitario, mentre i suoi pasticciavano, è dovuto intervenire d’urgenza, girando a suo favore una campagna elettorale nata sotto i peggiori auspici. Il suo partito traballa (e il Popolo della Libertà come tale non è che abbia goduto nelle urne). E se non c’era Lui, chissà come sarebbe andata. Ce l’ha fatta, ancora una volta.

Antonio Di Pietro – Lui gongola però Grillo è più cattivo
I nemici lo agitavano come spaventapasseri per il proprio elettorato a corto di motivazioni. Lui gongolava. Immedesimandosi nel ruolo dell’anti-moderato per eccellenza. Senza immaginare che, appena annunciato il sostegno a un candidato in Campania (De Luca) poco prima scomunicato nel nome dei giustizialismo, il monopolio del cattivismo anti-berlusconiano sarebbe stato scalfito dalle truppe di Grillo. Prende lo stesso molti voti, malgrado il tradimento di Montenero di Bisaccia. Un trampolino di lancio per stuzzicare (anche infierendo un po’) il Partito democratico stretto tra due fuochi.

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