"I Paesi ricchi devono ridurre il debito"

Si avvicina il momento di tirare i remi in barca, di ridurre gli stimoli che i governi hanno elargito a grandi mani per sostenere l'economia dopo la crisi, aumentando così a dismisura il livello deldebito. John Lipsky, vicedirettore del Fondo monetario nternazionale, chiede ai Paesi ricchi di tagliare i debiti di bilancio e di consolidare i conti pubblici a cominciare dal 2011, sempre che le previsioni di ripresa vengano confermate. L'Fmi pone dunque una data a quella exit strategy sempre rimandata, lasciando ancora un piccolo margine di manovra: il tempo che manca da qui alla fine del 2010. Poi, aggiunge, «sarà bene cominciare a preparare l'opinione
pubblica» a qualche sacrificio.
Al contrario, avverte Lipsky, la crescita rischia un rallentamento. «Mantenere il livello di debito ai livelli post-crisi - ha detto intervenendo al China Development Forum-potrebbe ridurre la crescita potenziale nelle economie avanzate di 0,5 punti percentuali all'anno rispetto ai livelli
pre-crisi». Non è una novità quella che arriva dall'Fmi. Già il suo direttore, Dominique Strauss-Kahn, parlando qualche giorno fa all'Europarlamento, aveva ribadito la necessità di cominciare
a ritirare gradualmente le misure di sostegno.
«Una sfida difficile», ammette lo stesso Lipsky, ma necessaria perché i Paesi del G7, se si escludono Germania e Canada, «avranno un rapporto debito /Pil superiore al 100% nel 2014». Non solo. Le misure di stimolo, che «hanno giocato un ruolo fondamentale nel sostenere la ripresa economica», potrebbero non produrre più gli effetti sperati. E' tempo dunque che i Paesi si mettano all'opera per ridurre il debito, perché già quest'anno il rapporto debito/Pil in alcune economie raggiungerà livelli che non si vedevano dagli anni Cinquanta. Ma allora si era appena usciti da una guerra.
La ricetta suggerita prevede interventi sul welfare, riforma delle pensioni (tagli e elevamento dell'età per lasciare il lavoro) e contenimento della spesa sanitaria, da conseguire attraverso una migliore gestione delle risorse. Manovre che dovranno andare di pari passo con una politica fiscale «utilizzata attivamente per ridurre eccessivi disavanzi o surplus nella spesa corrente».
L'Europa continua intanto ad avvitarsi sulla crisi greca. L'ipotesi di un intervento congiunto Ue e Fini è visto bene dal numero uno dell'Ocse, Gurria, che auspica una combinazione di aiuti, prestiti e garanzie. Ma la Germania continua a puntare i piedi. «Il vertice Ue di giovedì ha ribadito ieri la Cancelliera Angela Merkel-non si occuperà di aiuti alla Grecia perché Atene non ne ha chiesti».
Tutto il contrario di quanto pensa il presidente della Commisione Ue, Manuel Barroso, che ha chiamato gli Stati dell'Eurozona a predisporre un sistema di prestiti bilaterali, qualora la Grecia non riuscisse a reperire capitali sul mercato internazionale.
Sulla stessa linea il premier Berlusconi. «Penso che se all'intemo della Ue non ci sia disposizione ad aiutare un Paese in crisi - ha detto parlando a Firenze - allora la Ue non ha motivazione di esistere».
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