Il Paese è bloccato ma la violenza non è una risposta, è solo una condanna

Le lettere che abbiamo ricevuto parlano tutte degli scontri di sabato pomeriggio a Roma. Ho scelto quelle più controverse perché penso sia importante dare risposta a chi non vede vie d'uscita. Cominciamo a sapere chi sono i ragazzi che ieri hanno distrutto e aggredito: sappiamo che sono giovanissimi e che vengono da aree anarco-insurrezionaliste ma anche da ambienti del tifo calcistico ultrà: Le spiegazioni che alcune lettere provano ad avanzare si scontrano con questi dati: non sono stati i professori, i precari, i lavoratori a distruggere piazza San Giovanni, non sono stati gli italiani che soffrono la crisi e si sentono umiliati da questa politica ad aver incendiato le automobili e cancellato la possibilità di far sentire la propria voce pacificamente. Queste persone, questi italiani che avrebbero il, diritto di protestare e di indignarsi, sono quelli che non hanno potuto manifestare, o che, più semplicemente hanno visto con paura e orrore le scene di violenza in televisione e su Internet.
Il Paese è bloccato e non investe sui giovani, il governo ha come solo obiettivo la sua sopravvivenza e non riesce a mettere in campo progetti di crescita, lo denunciamo ogni giorno, preoccupati per il futuro di tutti, preoccupati nel vedere gli imprenditori che non hanno più ossigeno, i laureati che emigrano e i mutui che salgono.
Ma la violenza non è una risposta a tutto questo, è solo una condanna, è solo un'altra anomalia, e qualcosa di umiliante e nauseante. Va fermata senza indugi, non porta cambiamento, anzi - e la storia lo dimostra con una chiarezza che non lascia alcun dubbio - aiuta a bloccare ogni possibilità di evoluzione e rafforza chi sta al potere. La violenza squalifica ogni idea, oggi è il tempo di non regalarle alcuna giustificazione, ma di procedere spediti su percorsi nuovi.
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