I padri dehoniani giudicano Bersani

Il "Regno" dei dehoniani (di Bologna) contro Bersani. Forse non è un caso che il "Regno" abbia ricordato a Bersani che "il Pd ha bisogno di recuperare il significato del proprio nome per poter recuperare la sua funzione strategica". In un articolo evidentemente critico su Bersani, che viene invitato a trarre insegnamenti dalle primarie in Puglia, la rivista quindicinale dedica un’analisi al voto delle passate regionali, sottolineando la vorticosa crescita dell’astensione, che fotografa un’Italia "spaesata", con un messaggio elettorale di "conservazione": "su un piano più generale non ci sono soluzioni diverse da Berlusconi". L’articolo dedica poi un focus ai Democrats: "II Pd - si legge - è entrato in questa tornata elettorale con almeno quattro strategie politiche: al seguito dei radicali (non della Bonino) nel Lazio; riconfermando lo schema della vecchia Unione nelle regioni rosse; scegliendo l’Udc in altre; al seguito (subendolo) del risultato delle primarie in Puglia. Alcune di queste ipotesi hanno palesemente perduto. Ma di queste sconfitte il vertice bersaniano - dalemiano non intende prendere atto". "Non c’è oggi - proseguono i dehoniani - un’alleanza possibile con l’Udc; non è immaginabile, contemporaneamente, accettare una posizione subalterna ai radicali nella regione dove la Chiesa cattolica, oltre che lo stato
italiano, hanno la loro capitale (cosa sarebbe stato del profilo politico e culturale del Pd se avesse vinto la Bonino?); la vecchia Unione fatica a funzionare nelle zone rosse, sempre più minacciate dalla Lega’. "Il risultato più interessante - afferma quindi l’articolo - lo hanno dato le primarie. in sé e non solo per l’indicazione del candidato in Puglia. Ma sullo sviluppo della democrazia interna al partito, così come su un ritorno al bipolarismo di coalizione, D’Alema è stato molto chiaro al Consiglio nazionale del 17 aprile: noti se ne parla. Per D’Alema, non smentito in alcun punto del suo intervento da Bersani, il futuro somiglia al nostro passato, all’indimenticabile Repubblica dei partiti. Il Pd - conclude "Il Regno" - ha bisogno di recuperare il significato del proprio nome per poter recuperare la sua funzione strategica", forse al "Regno" non hanno compreso che il Pd non ha mai avuto una nettissima funzione strategica costruttiva. Finora l’ha avuta, pare, solo per distruggere la sinistra e per ritagliarsi il ruolo di unica forza del centrosinistra, insieme all’Idv, facendo un grande vuoto intorno, isolandosi in modo quasi monolitico. Non è un caso che questa tendenza all’autosufficienza del Pd abbia indotto Bersani a scegliere le alleanze più disparate senza riuscire a comprendere dove sarebbe andato a unire il Pd in caso di vittoria.
Queste sono le contraddizioni dell’autosufficienza veltroniana, contraddizioni oggi ereditate appunto da Bersani, che hanno portato di fatto il partito alla stasi e al ripiegamento. Ecco perché il Pd sembra essersi arenato nelle secche dì una politica incapace di vedere con i propri occhi quale sia la diagnosi migliore per uscire dalla crisi.
italiano, hanno la loro capitale (cosa sarebbe stato del profilo politico e culturale del Pd se avesse vinto la Bonino?); la vecchia Unione fatica a funzionare nelle zone rosse, sempre più minacciate dalla Lega’. "Il risultato più interessante - afferma quindi l’articolo - lo hanno dato le primarie. in sé e non solo per l’indicazione del candidato in Puglia. Ma sullo sviluppo della democrazia interna al partito, così come su un ritorno al bipolarismo di coalizione, D’Alema è stato molto chiaro al Consiglio nazionale del 17 aprile: noti se ne parla. Per D’Alema, non smentito in alcun punto del suo intervento da Bersani, il futuro somiglia al nostro passato, all’indimenticabile Repubblica dei partiti. Il Pd - conclude "Il Regno" - ha bisogno di recuperare il significato del proprio nome per poter recuperare la sua funzione strategica", forse al "Regno" non hanno compreso che il Pd non ha mai avuto una nettissima funzione strategica costruttiva. Finora l’ha avuta, pare, solo per distruggere la sinistra e per ritagliarsi il ruolo di unica forza del centrosinistra, insieme all’Idv, facendo un grande vuoto intorno, isolandosi in modo quasi monolitico. Non è un caso che questa tendenza all’autosufficienza del Pd abbia indotto Bersani a scegliere le alleanze più disparate senza riuscire a comprendere dove sarebbe andato a unire il Pd in caso di vittoria.
Queste sono le contraddizioni dell’autosufficienza veltroniana, contraddizioni oggi ereditate appunto da Bersani, che hanno portato di fatto il partito alla stasi e al ripiegamento. Ecco perché il Pd sembra essersi arenato nelle secche dì una politica incapace di vedere con i propri occhi quale sia la diagnosi migliore per uscire dalla crisi.
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